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Geremia

pdf50GEREMIA L’UOMO DELLA PAROLA.
Per capire storicamente Geremia occorre conoscere l’operato del re Manasse (696-642 a.C.): durante il suo regno la crescita economica di Giuda andò di pari passo con il disorientamento religioso e spirituale del popolo.
Quando Geremia nacque, nel 650 a.C., la maggior parte dei suoi compatrioti aveva dimenticato che Israele era stato chiamato, aveva dimenticato l’alleanza: doveva distinguersi e dare l’esempio, invece si era omologato.
La famiglia di Geremia era benestante, famiglia sacerdotale.
Erano però sacerdoti esclusi dal culto ufficiale e vivevano in campagna.
Geremia venne chiamato al ministero profetico nel 627 a. C.: egli era consapevole dell’identità di Israele, della sua storia, dell’Alleanza.
Inizialmente ha una resistenza alla chiamata, si ritiene incapace e troppo giovane: è forse un segno di tutto il suo rapporto con Dio che sarà sempre conflittuale, combattuto, lacerato tra gioiosa obbedienza e radicale rifiuto.
Questo conflitto si manifesta anche contro la gente del suo tempo; spesso è solo, uno contro tutti, celibe per dare un segno di condanna delle abitudini del suo tempo.(Ger 20, 8-9)
Quando parlo, devo gridare,devo proclamare: “Violenza! Oppressione!”.
Così la parola del Signore è diventata per me motivo di obbrobrio e di scherno ogni giorno.
Mi dicevo: “Non penserò più a lui,non parlerò più in suo nome!”.
Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente,chiuso nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo,ma non potevo.Nonostante il suo combattimento interiore il profeta rimase fedele alla sua vocazione. Appare nella sua autenticità proprio perché segnato da questa debolezza: vive la stessa crisi del suo popolo.
Dio però non lo ha abbandonato: uno degli uomini di corte, Baruc, rimase colpito dalle sue parole e divenne suo segretario, amico e fratello.
Fu lui a fare scelte controcorrente nel suo ambiente e a trascrivere le parole di Geremia. Fu un’amicizia feconda che ci permette di conoscere oggi il profeta.
Cosa possiamo raccogliere dalla sua testimonianza?
Possiamo definire Geremia l’uomo della parola (Ger 15, 16)
Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità;la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore,perché io portavo il tuo nome, Signore, Dio degli eserciti.Dal suo rapporto con la Parola possiamo comprendere il nostro:
1. Geremia ha calato la Parola nella fatica del vivere quotidiano. Questa fatica è dettata dalla perseveranza, non dalle circostanze difficili. Per questo la tentazione più insidiosa è la noia , l’accidia, la banalità: di fronte a queste cose si tenta la fuga o si soccombe.
Il rapporto con la Parola è quindi l’occasione per ritrovare motivazioni.
Nella vita di Geremia, nelle sue confessioni, è chiarissima questa funzione di sorgente zampillante che la Parola assume nella vita.
La fatica però si può sperimentare anche nel rapporto con la Parola stessa: non la si capisce oppure è arida; Dio sembra muto.
Perché accade? O per la nostra negligenza o per una prova in cui entriamo. Occorre chiedersi perché non proviamo più gusto.
“Tre sono le cause principali per cui ci troviamo desolati: la prima è perché siamo tiepidi, pigri o negligenti nei nostri esercizi spirituali, e così per le nostre colpe la consolazione spirituale si allontana da noi;
la seconda, per farci provare quanto valiamo e quanto avanziamo nel suo servizio e lode, senza tanto sostegno di consolazioni e grandi grazie.
la terza, per darci vera nozione e conoscenza, affinché sentiamo intimamente che non dipende da noi procurare o conservare grande devozione, amore intenso, lacrime, né alcun’altra consolazione spirituale, ma che tutto è dono e grazia di Dio nostro Signore;
e affinché non poniamo nido in casa altrui, elevando il nostro intelletto in qualche superbia o vanagloria, attribuendo a noi stessi la devozione o le altre parti della consolazione spirituale.”
(EE SS 322)
2. Attraverso la Parola Geremia faceva memoria dell’opera di Dio in lui.
Oggi si fa fatica a ricordare perché gli eventi accadono con troppa rapidità. Solo gli episodi più recenti vengono ricordati e determinano lo stato d’animo. Ma la memoria è proprio la capacità di fare sintesi del proprio vissuto, non di fissarsi su una sola esperienza dalla quale giudicare tutto. La memoria è il ricordo della storia che Dio ha intessuto per noi.
La Parola di Dio è frutto della memoria di un popolo, è intrisa di memoria e attraverso di essa si possono superare i momenti difficili.
3. Nel rapporto con la Parola emergono i sentimenti di Geremia, le sue passioni. Essi stessi divengono Parola poi consegnata a noi.
Le nostre emozioni e sentimenti vanno e vengono, ci sfuggono, debordano. Crediamo di decidere razionalmente invece lo facciamo in base ad una emozione positiva o meno.
La Parola di Dio educa ad un certo ordine dei sentimenti che avranno però sempre una parte di sorpresa.
Questa educazione avviene leggendo la Scrittura con una proiezione, una oggettivazione fuori di noi che ci fa meglio gestire i sentimenti stessi.