Audio,  Corsi Biblici,  Esodo

Esodo

PASQUA E LIBERTA’download50pdf50

 

Cosa avrebbe potuto fare Mosè? Secondo me aveva quattro possibilità fondamentali.
Le scelte possibili. La prima possibilità era quella di svignarsela, dicendo: «Fratelli, ciò che avete detto è molto importante e degno di attenta considerazione. Tornate alle vostre tende, datemi un’ora di tempo e poi ci ritroveremo ». Nel frattempo poteva partire e ritornarsene nel deserto. Questo è ciò che fanno alcuni uomini politici, quando hanno portato il popolo sull’orlo del disastro: escono dalla scena, ammazzandosi. Questa del suicidio, d’altra parte, è una tentazione non così rara come si penserebbe.
– La seconda possibilità era quella di armare il popolo conformemente al consiglio di alcuni: «Armiamoci e moriamo da eroi! E’ la scelta del Vangelo interpretato falsamente come eroismo: il Vangelo ci chiama a batterci in maniera spasmodica, a resistere con le nostre forze fino in fondo, lasciando così un nome di gloria, ma di gloria mondana e faraonica …
– La terza possibilità, anch’essa faraonica, era quella di organizzare il ritorno, dicendo: «Fratelli, avete ragione. Io sono l’unico che posso proporre questo agli Israeliti ed essi mi ascolteranno: mandiamo un’ambasceria e trattiamo».
– La quarta possibilità infine consisteva nel fidarsi di Dio, dicendo: «Signore, tu mi hai portato qui; tu agirai ». Una possibilità quasi pazzesca, perché consiste nel non far niente. « E se Dio avesse deciso – poteva pensare Mosè- di non aiutarmi? Tutto mi crollerebbe addosso! ». Proprio qui sta la scelta di fede che viene chiesta a Mosè: si tratta di affrontare l’incognita di Dio. Notate la drammaticità di quest’ultima possibilità, penosa soprattutto quando sono coinvolti altri, che reclamano decisioni di tipo faraonico, concrete e immediate.
D’altronde la fede richiede altre decisioni, ma si ha paura di prenderle. In realtà, se Mosè avesse deciso di armare tutti, è vero che sarebbe stato un disastro, ma almeno si sarebbe fatto qualcosa e l’angoscia sarebbe stata vinta. Quanto più terribile, invece, in quella situazione di angoscia insopportabile, il dire: «Il Signore ha parlato, il Signore si mostrerà ». Lo stesso darsi da fare per organizzare il ritorno al faraone, per quanto umiliante potesse essere, sarebbe stato sempre meno angoscioso di una situazione di abbandono nella fede. E qui ricorderei, con tutte le dovute analogie e differenze, l’angoscia di Gesù nell’orto. Anche Gesù avrebbe potuto dire:« Me ne vado; lascio questa situazione; non ce la faccio; non la voglio ». Oppure poteva seguire il consiglio di Pietro: armarsi e morire con i discepoli. Invece Gesù sceglie l’agonia, lasciando che l’opera di Dio si manifesti.
Mosè diviso
Che cosa sceglie dunque Mosè? Sceglie quello che può, barcamenandosi … Secondo me Mosè ha due facce in questa scelta, come ogni altro uomo. La prima è quella del coraggio, la seconda quella della paura. Egli le interpreta tutte e due.
La prima, la faccia del coraggio, è quella che egli, con la grazia di Dio, interpreta di fronte al popolo, perché il Signore gli mette in cuore delle parole coraggiose. Quando la gente grida: «Forse non c’erano sepolcri in Egitto e ci hai portato a morire nel deserto. Non ti dicevamo: ‘Lasciaci stare, serviremo gli Egiziani; è meglio per noi servire l’Egitto che morire nel deserto?’» , Mosè risponde: «Non abbiate paura! Non lasciatevi travolgere dall’angoscia; siate forti e vedrete la salvezza che il Signore oggi opera per voi. Perché gli Egiziani che voi vedete oggi non li rivedrete mai più ». E poi la bellissima conclusione: «Il Signore combatterà per voi e voi state tranquilli» (Es. 14, 11-14 ).
D’altra parte, è innegabile che anche Mosè avesse la sua paura; infatti, subito dopo queste parole coraggiose, il racconto biblico prosegue dicendo: «Il Signore disse a Mosè: ‘Perché gridi versò di me? ‘ » (14, 15). Ciò significa che mentre Mosè diceva alla gente di starsene tranquilla, dal canto suo egli stesso gridava al Signore. E la sua paura non doveva essere piccola, come leggiamo in un altro passo dell’Esodo, dove Mosè invoca l’aiuto del Signore dicendo: «Che farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno» (17,4). Da una parte dunque Mosè segue l’istinto dello Spirito, che lo spinge verso il coraggio della fede, ma dall’altra anche lui è preso dall’angoscia, che lo trascina verso la disperazione. Mosè è dunque diviso. Il passaggio del Mar Rosso Ma ecco che, nel suo gridare verso il Signore, la fede di Mosè si purifica, finché il Signore stesso interviene: «Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. Tu intanto alza il bastone e stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto» (14, 15s.). Viene poi descritta la scena del passaggio del Mar Rosso: tutto si svolge in modo dignitoso e solenne, come se si trattasse di una processione regale. Israele avanza nella notte, quasi per dire come Dio fa le cose facili quando ci si abbandona a lui, quando ci si abbandona totalmente e gli si dice: «Eccomi, Signore, per fare la tua volontà; non capisco niente, ma avrà certo un senso questa prova che tu mi mandi; ti offro la mia vita, desiderando seguirti in povertà, cioè nell’assenza di mezzi umani e nell’assenza di successo umano ». Allora le cose si svolgono con esemplare semplicità, senza quell’affanno frenetico, o spasmodico, degli Israeliti: «Combattiamo fino alla morte », oppure « Mandiamo un’ambasceria » … La notte del terrore diventa la notte della pace e della tranquillità.
Il canto pasquale dei battezzati Il cantico che si legge nel cap. 15 è una delle più antiche composizioni bibliche. Lo possiamo chiamare il «canto pasquale dei battezzati », cioè di tutti coloro che, avendo accettato di prendere su di sé il rischio di Gesù e scommettendo la propria vita sul Vangelo contro l’evidenza mondana, dicono: ‘« Ma come è stato tutto così semplice: il Signore ci ha preso senza che nemmeno ce ne accorgessimo. Abbiamo visto cadere gli Egiziani; avevamo una paura matta di loro, che erano il popolo più potente del mondo, e invece sono là che galleggiano sul mare» … Insomma, tutti i condizionamenti per i quali si aveva tanta paura, una volta presa la decisione totale di lasciarci invadere dallo Spirito del Signore, si rivelano gradualmente per dei giochi da bambini.
Allo stesso tempo appare che la vita evangelica è una cosa semplice, facile e bella. Ascoltiamo il canto di Mosè: «Voglio cantare perché mirabilmente ha trionfato, gettando in mare cavallo e cavaliere ». lo avevo paura dei cavalli, che corrono più di me, e dei cavalieri, che sono armati di lancia; e invece: «Mia forza e mio canto è il Signore. Egli mi ha salvato. È il mio Dio, il Dio dei nostri padri, lo voglio esaltare ». I carri del faraone e tutto il suo esercito, tutta quella potenza che mi atterriva, tutti quegli ostacoli che mi sorgevano davanti (« Ma non ce la farai; sarà una vita impossibile; dovrai andare contro le idee moderne; la tua vita non sarà più autentica»), tutte quelle inquietudini che spesso si ammantavano di psicologia o di sociologia (« Ma vivere così non ha senso; la personalità non si sviluppa … »), tutto ciò è ormai sommerso nel Mar Rosso: «Gli abissi li coprirono e sprofondarono come pietra». E io non ho fatto niente. « La tua destra, Signore, terribile
per potenza; la tua destra, Signore, annienta il nemico ». E’ questo il canto del battezzato, che si riconosce salvato e dice: «Dio veramente ha combattuto per me; io ho detto di si allo Spirito e il Signore ha fatto tutto ». Chiediamo al Signore che ci faccia comprendere questa semplicità della scelta evangelica, che ogni giorno ci è chiesto di rinnovare.

(Da Vita di Mosè di Carlo M. Martini)