Omelia domenica 3 maggio
A volte penso che il grande conflitto dell’esistenza umana, prima ancora che cristiana, sia quello tra fecondità e sterilità.
Non dobbiamo rassegnarci all’idea di non essere perfetti, perché la perfezione è raggiungibile. A patto che la concepiamo come il portare frutto.
La perfezione del frumento è la spiga, non l’assenza di zizzania.
Quale forma ha concretamente questo portare frutto?
Un suggerimento viene dalla prima lettura, nella splendida figura di Barnaba che va in cerca di Saulo per riavvicinarlo, per farlo uscire dal suo isolamento, per valorizzarlo proprio quando tutti lo avevano scartato.
La fecondità è un incontro che guarisce davvero dalla solitudine, è una parola buona detta non per dovere, è un gesto di attenzione che non chiede nulla in cambio.
Nessuna morale del sacrificio vale quanto uno stile di vita fecondo;
e nessuna asettica perfezione è gradita a Dio quanto un cuore amorevole.