La Via

La Via 13 ottobre

TORNARE INDIETRO (Lc 17,11-19).
 
Parabole come quella di oggi meritano di essere accolte anzitutto nel loro significato più immediato.

Luca ci insegna che la gratitudine non è cosa scontata.

Appartiene ad alcuni e non a tutti.

Forse per sbadataggine o forse per presunzione capita di trascurare il ringraziamento.

Chi lo fa, chi sa dire grazie, a volte è la persona che non t’aspetti.

Nel caso di oggi lo straniero, anzi, due stranieri.

Perché anche la prima lettura parla di un uomo guarito dalla lebbra, smanioso di ringraziare il profeta che lo ha guarito.

È un Siriano; Samaritano è invece il personaggio del Vangelo.

Entrambi stranieri per quel popolo di Israele che pensava di essere una razza migliore.

La storia come sempre si ripete.

Come per ogni parabola però, potremmo anche lasciarci sorprendere da qualche particolare.

Oggi lo faccio attraverso l’azione che il lebbroso guarito compie: egli “torna indietro”.

La vita, ci viene insegnato, è sempre un guardare avanti.

Dobbiamo farci guidare da una visione del futuro e non sprofondare nella nostalgia.

Anche la Bibbia lo insegna. La moglie di Lot, ricorda la Genesi, si voltò a guardare indietro e divenne una statua di sale.

Tutto vero. Giusto, giustissimo.

Ma ci sono volte in cui il tornare indietro è salutare.

Il lebbroso torna nel luogo ove è avvenuta la sua guarigione.

Era il luogo della sua solitudine, il luogo della sua amarezza e della sua ferita interiore.

Ed è un in quel preciso luogo che ritrova Gesù ad attenderlo.

Quel luogo si trasforma, da maledizione in benedizione.

Da luogo di morte a luogo di vita.

Accade, a chi è un po’ cresciuto, di fare memoria del proprio passato.

Se la memoria va ai propri errori ci affrettiamo a volerli rimuovere.

Sono come la lebbra per noi.

Spesso però sono proprio i momenti in cui Dio, a nostra insaputa, ha iniziato quell’opera di salvezza che ci ha portato ad essere persone migliori.

Non sempre chi “torna indietro” sbaglia.

Don Umberto