Omelia domenica 16 novembre

Si capisce quindi che la parabola non vuole solo offrire una morale, ma essa vive delle continue reazioni di chi la ascolta.
La parabola scombina i pensieri, rimette in gioco le consuetudini e ti lascia con domande irrisolte.
Chiaro che per noi che predichiamo è molto più semplice dire “Ecco, quali talenti ti ha dato il Signore? Mettili a frutto!”. Però è anche noioso. Almeno, io mi annoio.
Più stimolante (e più giusto) dire che i talenti sono l’annuncio del Regno fatto da Gesù, i suoi miracoli, le sue azioni, le sue parole, il suo modo di rivelare il Padre.
A tutti è consegnato questo volto di Dio paterno e compassionevole.
Così grande e libero che se ne va lontano, cioè non ti sta col fiato sul collo, non ti assilla di continuo come il padrone di una azienda che decide di ogni minima quisquiglia.
Se questo volto lo accogli, se entri nel Regno e te ne senti parte allora porterai frutto.
Se te ne approfitti, se nascondi sotto terra questo Volto che ti provoca di continuo e resti ancorato al volto del Dio giudice e legislatore (molto più comodo) allora Dio ti tratta alla pari: con la stessa misura con cui tu l’hai misurato nella vita anch’egli ti misurerà.
Se la religione del sospetto e della paura genera la scelta dell’egoismo e dell’inerzia, meglio abbandonarla in fretta.