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Visitare i carcerati

“UN ANGELO APRI’ IL CARCERE” (cf At 5,19).

Brano di riflessione per la lettura personale.
Un padre spirituale di un carcere mi ha raccontato di quanti pochi carcerati abbiano visite. Molti amici si vergognano di andare a trovare il carcerato. Hanno paura di essere associati al carcere. Oppure hanno paura di essere guardati male dai vicini se vanno a trovare un carcerato. Infatti potrebbero avere qualcosa a che fare con quel carcerato e i suoi loschi affari. Spesso i carcerati sono trattati come lebbrosi. E quando ritornano in libertà spesso hanno uno stigma per tutta la vita.
La parola di Gesù non ci dà tregua. Ci esorta a rinunciare ai nostri giudizi e pregiudizi. Anche per quanto ci riguarda. Non abbiamo nessuna garanzia di non entrare in conflitto con le leggi e di non capitare in una situazione in cui veniamo condannati e dobbiamo andare in prigione. Il rifiuto di andare a trovare i carcerati o di avere qualcosa a che fare con loro spesso scaturisce dalla paura del lato oscuro in noi stessi. Vogliamo rimuovere il lato oscuro in noi stessi. Se andassimo a trovare il carcerato, tutto quanto è rimosso tornerebbe a galla dentro di noi. Dobbiamo affrontare il fatto che noi stessi siamo sempre anche colpevoli e potremmo macchiarci di una colpa. Un incontro sincero con noi stessi è spiacevole e doloroso. Vorremmo evitarlo. Perciò emarginiamo i carcerati e proiettiamo su di loro tutti i lati oscuri di cui non vogliamo renderci conto in noi. Una persona è chiusa nel carcere della propria paura. È inibita e bloccata. Non ha più il coraggio di uscire per la strada, perché ha paura che potrebbe girarle la testa. E così si chiude sempre di più a riccio nella prigione della sua paura, evitando ogni contatto con il pubblico. Oggi molti conoscono il carcere della depressione, da cui non riescono a evadere. Bramano ardentemente una persona che li vada a trovare nella loro cella angusta e buia. Un’altra persona è tenuta prigioniera e per così dire incatenata dalle sue nevrosi interiori. È ben difficile togliere a questa persona le catene delle sue nevrosi. Ma non evitarla, bensì rivolgerle la parola, nonostante i suoi tic e le sue nevrosi forse vistosi, prenderla sul serio, non giudicarla, ma capirla nel suo travaglio, in questo consisterebbe per noi la quinta opera di misericordia, visitare i carcerati. C’è bisogno di un cuore che abbia compassione dei carcerati, c’è bisogno di misericordia per trovare il coraggio di andare dai prigionieri, entrando nella loro paura, nella loro solitudine, nella loro depressione, nelle loro nevrosi. E c’è bisogno della fiducia che lì non incontriamo soltanto il prigioniero, bensì una persona in cui c’è Cristo stesso. In ciascuno riconosciamo anche il desiderio profondo di evadere dalla prigione e di crescere nella forma di Gesù di cui ci sono le basi dentro di lui.

Lectio di don Adamo Affri

Preghiera del carcerato composta da Papa PaoloVI (1964)