La Via

La Via 16 ottobre

DIO IN RITARDO, (Lc 18,1-8).

Già domenica scorsa avevamo visto e fatto i conti con l’intraprendenza di dieci lebbrosi che correvano incontro a Gesù.

Oggi questa intraprendenza si incarna nella figura di una vedova che, ripetutamente, chiede giustizia ad un giudice che inizialmente non vuole darle retta.

È una donna tenace, capace di non rassegnarsi ad accettare una situazione che nel profondo del cuore sente non essere quella che lei desidera.

La rassegnazione è brutta cosa.

Si insinua dentro di noi e trova rapidamente terreno fertile dove attecchire: si confonde con la pazienza, con la modestia, si nutre di accidia e coltiva l’ illusione che in fondo in quella situazione non si sta poi tanto male.

E infine, sfodera il famoso proverbio: “chi s’accontenta gode”.

Sì, certo, gode a metà.

Sta di fatto che oggi incontriamo una vedova (figura della fragilità per eccellenza nella Bibbia) che si ostina a volere giustizia.

Il giudice che le sta di fronte rappresenta in fondo tutte quelle situazioni che la vita ci offre per farci capire quanto teniamo veramente ai nostri desideri; o meglio quanto ci crediamo veramente.

Sono le prove della fede.

E in fondo quella donna non ottiene anzitutto ciò che chiede, ma ciò in cui non ha mai smesso di credere.

Perché il punto è proprio questo: non smettere di credere anche di fronte ad una eventuale smentita.

Per questo la domanda finale di Gesù ha un che di rammarico.

Ci sarà ancora qualcuno che non smette di credere anche di fronte alle delusioni che la vita ci riserva?

Ci sarà ancora qualcuno che non rassegnandosi saprà alimentare il suo desiderio?

Dio non è sordo al nostro grido: l’insistenza non è per piegarlo alla nostra volontà, ma per continuare noi a vedere e a sperare in qualsiasi circostanza.

Molto spesso pensiamo che nella vita sia meglio ripiegare e rassegnarsi.

Lo pensiamo anche per ciò che riguarda la fede di fronte al silenzio di Dio.

Il problema però non è se Dio si farà sentire, se troveremo ciò che cerchiamo.

Il problema è se sapremo reggere il suo ritardo.

                            Don Umberto