La Via

La Via 28 febbraio

IL PRIMA E IL DOPO |

(Mc 9,2-10).

Oggi la liturgia ci presenta un dialogo tra il sacrificio di Isacco (1a lettura) e la trasfigurazione di Gesù (Vangelo).

Il fulcro del messaggio odierno lo troviamo proprio in ciò che lega le due letture.

Abramo accettò di sacrificare il figlio tanto amato, il figlio della promessa di Dio.

Grande fu la sua fede, segnata dalla prova più dura.

Quando quel sacrificio non avvenne perché un angelo fermò la mano del patriarca, egli comprese una volta per tutte che Isacco era figlio di Dio.

Non era un suo possesso.

Dio glielo restituì perché fosse come un simbolo: ogni volta che Abramo avesse guardato suo figlio avrebbe visto in lui lo sguardo e la presenza di Dio.

Isacco aveva un “prima”: il grembo di Dio.

Ma aveva anche un “dopo”.

La lettera agli Ebrei dice che Abramo, portando Isacco al sacrificio, pensava che Dio è capace di far risorgere anche dai morti.

Isacco aveva quindi anche un “dopo”, cioè la resurrezione, la sua vita futura alla quale era destinato.

E il legame con il suo padre Abramo sarebbe continuato anche se in forma diversa.

Anche per la Trasfigurazione di Gesù vale lo stesso discorso.

Sul monte Tabor il corpo di Gesù diventa pieno di luce per esprimere che Gesù è Figlio di Dio (e anche per questo dialogo con Mosè ed Elia che rappresentavano il “prima”) ma anche per indicare che l’esito del suo andare a Gerusalemme sarà la gloria della resurrezione.

Il suo “dopo” è manifestato dallo splendore di cui di riveste.

Esiste quindi anche per noi un “prima” (che è la nostra origine da Dio) e un “dopo” (che è la nostra resurrezione).

Sembrano discori astratti, ma a me sembrano invece molto concreti e reali.

Come il nostro passato e nostro futuro determinano ciò che è il nostro presente, cos’ la coscienza che da Dio proveniamo e a Lui ritorniamo è criterio di discernimento per la scelta di ogni giorno.

Don Umberto