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Qohelet

download50pdf50NELLE CRISI DELLA SAPIENZA

Leggiamo ancora il frammento successivo (cf. 7,19-24). Qohelet
è sempre più critico nei confronti di quelli. che per la scuola sapienziale
sono i punti fermi della dottrina tradizionale: sono gli stessi
punti di riferimento di una scuola sapienziale a cui lui pure ap- .
partiene, quale esperto e valido rappresentante di essa; ma adesso
per Qohelet tutto è in crisi:
La sapienza rende il saggio più forte di dieci potenti che sono nella
città. N o n c’è infatti . ..
-invece di «infatti», è meglio tradurre con «per quanto»–
… per quanto non ci sia sulla terra un uomo così giusto che faccia solo
il bene e non sbagli mai (7,19-20). ·
La sapienza perfetta non esiste. Quella sapienza che produca il·
. giusto a tutti gli effetti è una pura fantasia, è una velleità, è un’ipotesi
del tutto teorica; alla resa dei conti, qualora ci si fidasse delle
ipotesi teoriche, si rischierebbe di scivolare nelle contraddizioni
più pericolose. In nome della vera sapienza si rischia di identificare
il vero giusto in qualcuno che in realtà è e rimane, sempre
e soltanto, un peccatore. E si rischia di conferire un valore assoluto
a quella che invece è ancora una realtà fatiscente, compromessa
e inquinata.
Insiste allora Qohelet:
Ancora: non fare attenzione a tutte le dicerie che si fanno, così non
sentirai che il tuo servo ha detto male di te; infatti il tuo cuore sa che
anche tu tante volte hai detto male degli altri (7,21-22).
L’argomentazione è molto semplice: perché fai tante storie, se
vieni a sapere che il tuo servo dice male di te? Tu non hai forse detto
male degli altri tante volte? Il peccato è universale. È inutile che
tu pretenda la perfezione dal tuo servo; ma è altrettanto inutile che
tu pretenda la .perfezione da chi è maestro di sapienza, e perfetto
non è e non sarà. Allo stesso modo è inutile che tu pretenda la perfezione
per te stesso, in virtù della sapienza alla cui scuola ti stai
istruendo, dal momento che, comunque, sei peccatore e tale resterai.
C’è da notare che Qohelet, ragionando in questo modo, non sta
dichiarando che il peccato è una. bella cosa: è inevitabile,’ e quindi
bisogna accettare le cose così come sono. Tutt’altro! Sta invece
considerando come la nostra dedizione umana sia sempre intrinsecamente
penitenziale così che non possa mai presumere di attribuire a se stessa
quelle note di giustizia e di santità che sono solo di Dio.
E ancora aggiunge:
Tutto questo io ho esaminato con sapienza e ho detto: «Voglio diventare
saggio!», ma la sapienza resta lontana da me! Rimane lontano ciò che
accade: profondo, profondo! Chi può comprenderlo? (7,23-24) .
. La sapienza è fuori portata; è fuori tiro. Ancora un’affermazione davvero molto problematica questa, perché tutta la rivelazione
. biblica è orientata nella direzione di un’esperienza sempre più
matura e ·sempre più consolante in vista della vicinanza che il
. Signore onnipotente vuole realizzare nel dialogo con le sue crea.
ture. Dio parla, fa alleanza; realizza un rapporto di comunione, vuole
raggiungere l’intimità. Tutta la rivelazione biblica è impostata
in questa prospettiva. Lo stesso Qohelet è un esperto per quanto
riguarda la conoscenza dell’eredità di tutta la tradizione sapienziale,
e dunque ·per quanto riguarda anche tutto il bagaglio di esperienze
maturate nel corso della storia della salvezza: c’è da intendere
il cammino del popolo di Dio, il popolo scelto e benedetto, con cui
Dio ha fatto alleanza, per guidarlo su strade di liberazione e ottenere frutti di giustizia.
Ebbene, adesso Qohelet dice: «C’è una lontananza assoluta tra la sapienza e me!».
E qui con «sapienza» c’è da intendere senz’altro il rivelarsi di Dio. .
Paradossalmente il rivelarsi di Dio non supera la distanza, ma
la mette in evidenza. Dio – che si è rivelato e che si rivela a noi –
ci spiega come noi siamo distanti da lui. Qohelet sta affermando
che egli si rende conto. di essere sempre più diverso da come dovrebbe
essere, sempre più estraneo alle sue intenzioni, sempre
più separato dalle sue iniziative. E questa distanza gli appare sempre
più evidente, quanto più è messo in questione quel che avviene
nel profondo del suo cuore . Alla radice del cuore umano c’è una
contraddizione che ancora non è stata rimossa. Si tratta proprio di
quella contraddizione su cui rifletteva Qohelet: quella stessa contraddizione
che si impone a chi, continuando a interrogare se stesso,
rivolge anche a noi la domanda fatidica: «Chi sa dov’è il bene
e dov’è il male? Chi lo sa?». E finché non sarà spiantata quella radice
inquinata che sta nel profondo del cuore, non si può pretendere
in nessun modo di presentarsi al Creatore come creature che
corrispondono a1la sua iniziativa. Anzi, il rivelarsi di Dio mette in
evidenza in modo sempre più drammatico quanto noi siamo lontani
da lui.