Caritas

Preghiera comunitaria

Caritas ci invita alla preghiera comunitaria.
L’ iniziativa di Caritas che vivendo le problematiche sociali quotidiane, affianca all’aiuto materiale anche quello spirituale.

“Per chi soffre nel corpo e nello spirito”

Quando Gesù si avvicina a persone toccate da situazioni di malattia, la cura che egli manifesta si esprime innanzitutto nel dare loro la parola, nel far emergere il loro desiderio. Gesù si pone in ascolto, entra in dialogo ponendo domande, relazionandosi cioè al malato come a un essere simbolico e di linguaggio, una persona mossa da un’intenzionalità, che è la capacità umana di attribuire senso alla vita. Accoglie la volontà del lebbroso e la fa sua riprendendo alla lettera le sue parole (“Se vuoi, puoi purificarmi!”; “Lo voglio, sii purificato!”: Mc 1,40-41 e par.); al cieco Bartimeo domanda: “Che cosa vuoi che io faccia per te?” (Mc 10,51; Lc 18,41)… Le guarigioni avvengono sempre in un contesto dialogico e relazionale. Gesù si apre alla libertà della persona che ha davanti e, quando il malato è impossibilitato a esprimersi, egli si rivolge ai famigliari o a coloro che sono legati al malato da un rapporto d’amore. Gesù ascolta la loro sofferenza, il loro desiderio: è così con la madre della bambina tormentata dal demonio (cf. Mc 7,24-30; Mt 15,21-18), con il padre del ragazzo epilettico (cf. Mc 9,14-27 e par.), con il centurione che lo supplica per la guarigione del suo servo (cf. Mt 8,5-13; Lc 7,1-9)… Nei suoi incontri con i malati Gesù fa appello alle risorse interiori della persona che ha di fronte: e così la guarigione, quando si verifica, avviene sempre in un quadro relazionale in cui Gesù desta e fa sorgere la fede della persona, cioè la sua capacità di fiducia e affidamento, la sua volontà di vita. Ciò avviene sia nei confronti dei malati sia nei confronti dei discepoli che Gesù chiama a condividere la sua autorevolezza (Mc 6,7) e la sua potenza (Lc 9,1): quando li invia a curare i malati, Gesù non chiede loro di agire con poteri taumaturgici, miracolosi, bensì di avere fede-fiducia profonda nei confronti della vita. Avere fede-fiducia è decisivo sia per chi cura sia per chi è curato: per l’uno, perché tutto il suo atteggiamento sia impregnato di fiducia; per l’altro, perché la fiducia possa portarlo a voler vivere, a scegliere sempre di nuovo la vita. Se è vero che “la fede nasce dall’ascolto” (Rm 10,17), Gesù ha mostrato la verità di questa affermazione a livello antropologico: con la sua pratica di umanità è stato capace di risvegliare l’umanità di ogni essere umano, tra cui anche i malati, ascoltandoli, ponendo in loro fiducia e valorizzando la loro fiducia. Solo avvicinandoci all’altro, a ogni altro, nel modo insegnatoci da Gesù, anche noi potremo vivere un incontro ospitale, un dialogo all’insegna della gratuità e teso alla comunione. E così giungeremo a fare spazio non solo all’altro che vediamo davanti a noi, ma all’Altro per eccellenza, Dio, che allora entrerà in dialogo con noi.

Enzo Bianchi