La Via

La Via 26 marzo

IMMAGINA E VEDI                        (Gv 9,1-41)

“L’immaginazione è più importante della conoscenza”.

Sono parole di Albert Einstein.

Condivisibili, certo. Per uno scienziato del suo calibro è significativo sapere che l’immaginazione era il luogo in cui elaborare le idee, fare nuove scoperte, generare l’evoluzione delle cose.

Ma l’immaginazione deve poi fare i conti con la realtà, deve passare al setaccio di ciò che veramente accade ed esiste.

Perché la realtà, come dice papa Francesco, è superiore all’idea.

Vi inviterei allora a pensare a cosa sia accaduto al cieco nato, il personaggio del Vangelo di oggi.

Essendo non vedente dalla nascita, non aveva alcun frammento di memoria visiva.

Tutto stava nella sua immaginazione.

Forse qualcuno gli avrà descritto le cose, il colore dei fiori, le tinte degli abiti …

Ma era la sua testa l’unico mondo in cui queste cose esistevano.

Quando Gesù lo guarisce, la sua immaginazione, per quanto limitata, imperfetta e anomala, comincia a fare i conti con la realtà .

Vede le cose così come sono, le vede e le accoglie nella loro concretezza.

Al contrario di lui i farisei non accolgono il fatto della guarigione per ciò che esso è.

Ed è questa differenza tra loro e il cieco guarito che mi fa riflettere.

È la differenza tra chi abbandona la sua immaginazione e chi si ostina a rimanervi attaccato.

Io credo proprio che oggi siamo imbevuti della stessa mentalità dei farisei.

Settimane fa, un settimanale di cultura è uscito col titolo “La fine dei fatti”.

Sosteneva la tesi che sempre più i fatti vengono rifiutati o meno a seconda della loro narrazione.

Ci interessa di più come una cosa venga raccontata e da chi, piuttosto che il fatto che l’abbia generata.

Accogliere la realtà, soprattutto se essa ci disturba, è sempre più difficile.

Ci interessa solo un racconto di essa che coincida con le nostre aspettative.

Proprio come quei farisei che continuano a fare al cieco le stesse domande per indurlo a rispondere come vogliono loro.

Perché se rimanessero coi fatti così come stanno per loro sarebbe uno smacco troppo grande.

Un’intera costellazione del sacro, quella su cui hanno fondato il loro potere, andrebbe in frantumi. Meglio vivere di pregiudizi che, in fondo, non sono altro che un’immaginazione infettata dal risentimento.

Al loro confronto quanto è più libero e sincero il cieco guarito! Egli giunge alla fede.

E non so, guardandolo, io provo un sottile piacere a pensare che la fede non sia fondata sull’immaginazione ma sui fatti.

 

 

Don Umberto