
La Via 26 gennaio
GLI OCCHI NON BASTANO (Lc 1,1-4;4,14-21).
Il Vangelo di oggi riporta la prima parte del famoso discorso di Gesù nella sinagoga di Nazareth.
Quello che finì male, per intenderci; i suoi compaesani infatti non lo capirono e lo cacciarono fuori.
Eppure oggi si dice che ad un certo punto “gli occhi di tutti erano fissi su di lui”.
Tutto ciò potrebbe apparire come un buon segno, come il segno di una grande attenzione e disponibilità.
In realtà la gente che pende dagli occhi mostra di non avere orecchi per la parola, in quella di Gesù, in quella del profeta che egli stava proclamando.
Spesso noi tutti dipendiamo dagli occhi e gli orecchi sono chiusi, come i cuori stessi.
Nel caso della gente di Nazareth da che cosa era generata questa chiusura?
Certamente dall’abitudine.
A Nazareth Gesù era conosciuto da tutti: i suoi concittadini lo conoscono fin da bambino.
In quella terra Gesù era di casa.
Ora, le abitudini sono una cosa buona ma comportano anche un rischio.
Spesso la consuetudine dei rapporti è condizione necessaria per comprendere gli altri.
Per poter parlare, comunicare, intendersi, è indispensabile che sussista uno sfondo di memoria comune, magari anche di una speranza comune.
Accade però anche, e non raramente, che le abitudini (pure quelle buone come frequentare la chiesa e conoscere Gesù fin da piccolo) anziché aprire alla comprensione diventino un ostacolo ad essa irrigidendo i cuori.
Che fare allora?
La prima lettura di oggi aiuta ad intendere l’atteggiamento giusto che occorrerebbe assumere guardando ed ascoltando.
Il popolo infatti si emoziona, si commuove, piange perché la Parola udita genera tutto ciò.
Ed è la distanza tra la propria vita e il Vangelo a generare tutto ciò.
Non quindi la vicinanza di chi è abituato a quelle frequentazioni, ma la distanza che genera quello spazio nel quale la Parola può germogliare e portare frutto.
La giusta distanza è la condizione necessaria ad ogni ascolto e ad ogni azione educativa.
Il Signore ci liberi dalle nostre stanche abitudini.
Don Umberto

