La Via

La Via 10 novembre

IL PIU’ NASCOSTO BENE  (Mc 12,38-44). 

Il libro di Qoelet, uno dei più belli di tutto l’Antico Testamento, si conclude con queste parole: “Tutte le cose Dio giudicherà, il più nascosto male e il più nascosto bene”.

È una frase che mi è sempre piaciuta tanto.

Essa non mi ha mai generato l’inquietudine di un male nascosto che Dio vede quanto piuttosto la gratitudine e la meraviglia per quel bene nascosto che la gente non vede e che invece è chiarissimo agli occhi di Dio.

A volte penso che se prendessimo consapevolezza del fatto che esiste tanto bene nascosto forse saremmo meno pessimisti e disfattisti sulla nostra società e ci asterremmo  anche da giudizi affrettati sugli altri.

Persone che rapidamente squalifichiamo sono magari capaci di gesti di cura e di giustizia che noi non vediamo.

Così accade nel Vangelo di oggi.

Una povera vedova si accosta al tesoro del tempio di Gerusalemme e vi getta dentro due spiccioli.

Un gesto semplice, nascosto, che passa inosservato ai più, ma non agli occhi del Signore.

È un gesto di bene, e il bene, come diceva il ciclista Gino Bartali “lo si deve fare ma non lo si deve dire, che se lo dici si sciupa”.

Proprio perché nascosto invece vale tanto agli occhi di Dio.

Molto meno invece vale il gesto di bene fatto da chi vuole farsi vedere, vuole apparire e curare così la propria immagine.

È il caso dei ricchi e degli scribi che proprio in questa stessa pagina di Vangelo vengono stigmatizzati da Gesù.

La vedova invece diventa un esempio a motivo del suo dono.

Ella offre tutta la sua vita.

Nella sua povertà infatti aveva visto che quello che aveva per vivere non sarebbe in ogni caso bastato e così decise di mettere la sua stessa vita nel tesoro del tempio cioè nelle mani di Dio.

Con il suo gesto ha realizzato ciò che più volte Gesù aveva detto: “chi vorrà salvare la propria vita la perderà e chi la offrirà per amore di Dio la salverà”.

È la confessione di chi non ha altro per vivere se non la speranza che viene da Dio stesso.

Perché Dio non è superfluo.

Don Umberto