Anno pastorale 2021-2022,  Avvento,  Lectio

Lectio Avvento 2022

“SORA NOSTRA MORTE CORPORALE”.

Testi per riflettere:

Il giorno fatale in cui la mia bara avanzerà, non pensate che il mio cuore sia in questo mondo. Non gemete, non piangete in angoscia, non cadete nella fossa che i demoni hanno scavato. Sarebbe così triste. Quando assisterete al mio funerale non dite che me ne sono andato: sarà la mia riunificazione. Quando mi calerete nella fossa, non dite “addio”. La tomba è un velo prima dell’incontro in paradiso. Quando vedrete calare, pensate al sorgere. Che male c’è se luna e sole tramontano? Ciò che sembra tramonto è un’alba. Pure se appare una prigione, la cripta libera l’anima. Se il seme non è sepolto non cresce. Perché dubitare di questo seme umano? Se il secchio non scende, non tornerà su pieno. Perché il Giuseppe dello spirito deve temere la cisterna?

Chiudi la bocca qui e aprila nell’oltre, e il tuo canto sarà nell’aria senza luogo.

(Gialal al-Din Rumi)

Quando avevo diciassette anni lessi una citazione che suonava più o meno così: «Se vivrai ogni giorno come fosse l’ultimo, sicuramente una volta avrai ragione».

Mi colpì molto e da allora, per gli ultimi trentatré anni, mi sono guardato ogni mattina allo specchio chiedendomi: «Se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?».

E ogni qualvolta la risposta è «no» per troppi giorni di fila, capisco che c’è qualcosa che deve essere cambiato.

Ricordarsi che morirò presto è il più importante strumento che io abbia mai incontrato per fare le grandi scelte della vita.

Perché quasi tutte le cose — tutte le aspettative di eternità, tutto l’orgoglio, tutti i timori di essere imbarazzati o fallire — semplicemente svaniscono di fronte all’idea della morte, lasciando solo quello che c’è di realmente importante.

Ricordarsi che dobbiamo morire è il modo migliore che io conosca per evitare di cadere nella trappola di chi pensa che avete qualcosa da perdere.

Siete già nudi.

Non c’è ragione per non seguire il vostro cuore. Il vostro tempo è limitato, per cui non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro.

Non fatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone.

Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore.

E, cosa più importante di tutte, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione.

In qualche modo loro sanno che cosa volete realmente diventare.

Tutto il resto è secondario.

(Steve Jobs)

MEDITAZIONI DI PAOLO VI

PENSIERO ALLA MORTE

 Tempus resolutionis meae instat. E’ giunto il tempo di sciogliere le vele (2 Tim. 4,6).

« Certus quod velox est depositio tabernaculi mei ». Sono certo che presto dovrò Lasciare questa mia tenda (2 Petr. 1,14). « Finis venit, venit finis ». La fine! Giunge la fine (Ez. 2,7).

Questa ovvia considerazione sulla precarietà della vita temporale e sull’avvicinarsi inevitabile e sempre più prossimo della sua fine si impone: Non è saggia la cecità davanti a tale immancabile sorte, davanti alla disastrosa rovina che porta con sé, davanti alla misteriosa metamorfosi che sta per compiersi nell’essere mio, davanti a ciò che si prepara.

Vedo che la considerazione prevalente si fa estremamente personale: io, chi sono? che cosa resta di me? dove vado? e perciò estremamente morale: che cosa devo fare? quali sono le mie responsabilità? e vedo anche che rispetto alla vita presente è vano avere speranze; rispetto ad essa si hanno dei doveri e delle aspettative funzionali e momentanee; le speranze sono per l’al di là.

E vedo che questa suprema considerazione non può svolgersi in un monologo soggettivo, nel solito dramma umano che al crescere della luce fa crescere l’oscurità del destino umano; deve svolgersi a dialogo con la Realtà divina, donde vengo e dove certamente vado; secondo la lucerna che Cristo ci pone in mano per il grande passaggio. Credo, o Signore.

L’ora viene. Da qualche tempo ne ho il presentimento. Più ancora che la stanchezza fisica, pronta a cedere ad ogni momento, il dramma delle mie responsabilità sembra suggerire come soluzione provvidenziale il mio esodo da questo mondo, affinché la Provvidenza possa manifestarsi e trarre la Chiesa a migliori fortune. La Provvidenza ha, sì, tanti modi d’intervenire nel gioco formidabile delle circostanze, che stringono la mia pochezza; ma quello della mia chiamata all’altra vita pare ovvio, perché altri subentri più valido e non vincolato dalle presenti difficoltà. « Servus inutilis sum ». Sono un servo inutile.

« Ambulate dum lucem habetis ». Camminate finché avete la luce (Jo. 12,35).

Ecco: mi piacerebbe, terminando, d’essere nella luce. Di solito la fine della vita temporale, se non è oscurata da infermità, ha una sua fosca chiarezza: quella delle memorie, così belle, così attraenti, così nostalgiche, e così chiare ormai per denunciare il loro passato irricuperabile e per irridere al loro disperato richiamo. Vi è la luce che svela la delusione d’una vita fondata su beni effimeri e su speranze fallaci. Vi è quella di oscuri e ormai inefficaci rimorsi. Vi e quella della saggezza che finalmente intravede la vanità delle cose e il valore delle virtù che dovevano caratterizzare il corso della vita: « vanitas vanitatum ». Vanità della vanità. Quanto a me vorrei avere finalmente una nozione riassuntiva e sapiente sul mondo e sulla vita: penso che tale nozione dovrebbe esprimersi in riconoscenza: tutto era dono, tutto era grazia; e com’era bello il panorama attraverso il quale si è passati; troppo bello, tanto che ci si è lasciati attrarre e incantare, mentre doveva apparire segno e invito. Ma, in ogni modo, sembra che il congedo debba esprimersi in un grande e semplice atto di riconoscenza, anzi di gratitudine: questa vita mortale è, nonostante i suoi travagli, i suoi oscuri misteri, le sue sofferenze, la sua fatale caducità, un fatto bellissimo, un prodigio sempre originale e commovente; un avvenimento degno d’essere cantato in gaudio, e in gloria: la vita, la vita dell’uomo! Né meno degno d’esaltazione e di felice stupore è il quadro che circonda la vita dell’uomo: questo mondo immenso, misterioso, magnifico, questo universo dalle mille forze, dalle mille leggi, dalle mille bellezze, dalle mille profondità. E’ un panorama incantevole. Pare prodigalità senza misura. Assale, a questo sguardo quasi retrospettivo, il rammarico di non averlo ammirato abbastanza questo quadro, dì non aver osservato quanto meritavano le meraviglie della natura, le ricchezze sorprendenti del macrocosmo e del microcosmo. Perché non ho studiato abbastanza, esplorato, ammirato la stanza nella quale la vita si svolge? Quale imperdonabile distrazione, quale riprovevole superficialità! Tuttavia, almeno in extremis, si deve riconoscere che quel mondo, « qui per Ipsum factus est », che è stato fatto per mezzo di Lui, è stupendo. Ti saluto e ti celebro all’ultimo istante, sì, con immensa ammirazione; e, come si diceva, con gratitudine: tutto è dono; dietro la vita, dietro la natura, l’universo, sta la Sapienza; e poi, lo dirò in questo commiato luminoso, (Tu ce lo hai rivelato, o Cristo Signore) sta l’Amore! La scena del mondo è un disegno, oggi tuttora incomprensibile per la sua maggior parte, d’un Dio Creatore, che si chiama il Padre nostro che sta nei cieli! Grazie, o Dio, grazie e gloria a Te, o Padre! In questo ultimo sguardo mi accorgo che questa scena affascinante e misteriosa è un riverbero, è un riflesso della prima ed unica Luce; è una rivelazione naturale d’una straordinaria ricchezza e bellezza, la quale doveva essere una iniziazione, un preludio, un anticipo, un invito alla visione dell’invisibile Sole, «quem nemo vidit unquam», che nessuno ha mai visto (cfr. Jo. 1,18): « unigenitus Filius, qui est in sinu Patris, Ipse enarravit », il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, Lui lo ha rivelato. Così sia, così sia.

BIBLIOGRAFIA UTILE

G. Bormolini, RICORDATI CHE DEVI MORIRE, ed. EMP

M. Sozzi, SIA FATTA LA MIA VOLONTA’, ed. Chiarelettere

Paolo VI,    PENSIERO ALLA MORTE, ed. Vita e pensiero     

Lectio completa