Dimmi chi sei

Carlo Sini alla presentazione de “Le Cattedre dei non credenti”, primo volume dell’Opera omnia di Martini

Il Prof. Sini ha sottolineato in particolare come il senso ultimo di questi dialoghi, la questione che il Cardinale poneva a tutti, non aveva a che fare con questioni dottrinali o teologiche ma era una domanda molto personale: «”Dimmi chi sei”: questo in fondo era ciò che chiedeva Martini in questi incontri. Credo che questo nascesse dal desiderio del Cardinale di andare al fondo delle cose, di scoprire la radice comune che ci rende umani; da lì poi si possono valutare le differenze. E questa è la più alta forma di carità verso l’altro».

Padre Carlo Casalone, gesuita, presidente della Fondazione Martini, ha sottolineato come questo volume potrà aiutare a meglio comprendere i criteri su cui il Cardinale fondava l’esperienza dell’ascolto e del dialogo. «Nel dialogo autentico – ha spiegato Casalone – c’è anche una perdita di qualcosa di sé: padre Martini ci ha mostrato come questo non debba essere vissuto come un’esperienza negativa, ma come via per un incontro più fecondo».

Guido Formigoni, coordinatore del comitato scientifico dell’Opera omnia, ha illustrato l’articolazione dell’insieme del progetto, i molteplici significati di questo volume e i diversi possibili percorsi di lettura. «Non è una collezione da riporre in biblioteca – ha spiegato -, ma un libro che vuole dare freschezza all’eredità di Martini».

Il Prof. Natoli dopo avere confidato che «l’incontro con Martini in occasione della Cattedra fu l’inizio di una relazione che non si è più interrotta», si è soffermato sulla natura del dialogo con i non credenti promosso dal Cardinale: non più, come nell’era preconciliare, un esercizio di apologetica per convertire l’interlocutore; e non solo, come affermato dal Concilio, un atteggiamento ispirato dalla necessità di condannare l’«errore» e non l’«errante». «Certamente Martini è stato uno dei massimi interpreti della teologia dell’ascolto promossa dal Concilio, ma ha fatto anche un passo in più, affermando che oltre il confine che ci separa dall’altro c’è un valore da riconoscere».

Questo, specularmente, è anche ciò che rende interessante il dialogo per il non credente: «È il credente che inquieta, non la dottrina. Martini non voleva convertire ma mettere l’altro davanti alla Parola, una Parola che fa bene all’uomo».