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Omelia domenica 8 novembre

Perché S. Carlo rinuncia alle sue fortune per vivere come un pezzente e lavorare come uno schiavo? Simili condotte sono incomprensibili per il mondo in cui viviamo. La risposta si può dare in poche parole, ma esse hanno bisogno di essere meditate e lasciate penetrare nel profondo dell’anima per comprendere. Le vedove e San Carlo rinunciano a tutto perché hanno capito che la vita è dono e solo donandola essa si arricchisce. Le due povere donne con il dono delle loro poche cose, San Carlo con il dono delle sue grandi ricchezze donano tutto di sé stessi a Dio, non il superfluo, ciò a cui si può rinunciare, conservando delle sicurezze, ma si mettono completamente nelle mani di Dio. Hanno capito una verità importante della vita: le cose del mondo non ci sottraggono alla morte, possono solo distrarci piacevolmente nella sua attesa, ma quando essa arriva inghiotte tutto, come la piena di un fiume. C’è un solo modo per vincerla, e cioè sfidarla con il dono di sé. Chi si dona e mette tutto in gioco si espone al rischio della morte, perché rinuncia alle sicurezze, ma così facendo genera una vita più grande, esattamente come il chicco di grano che morendo genera la spiga piena di chicchi. La vedova di Sarepta dando le sue poche provviste fu salvata fino alla fine della carestia, San Carlo Borromeo dando le sue ricchezze e il suo lavoro ha portato vita, gioia, speranza e consolazione al popolo della sua diocesi. Ci testimoniano che il dono di sé è sempre la forma di investimento più fruttuosa, che non porta solo beni che passano, ma la vita eterna. Il grande esempio di San Carlo Borromeo ci sproni a non avere paura delle scelte radicali e impegnative, delle rinunce piccole o grandi, quando ci mettiamo nelle mani di Dio non verremo delusi e riceveremo, come dice lo stesso Signore, il centuplo di quello a cui abbiamo rinunciato.