La Via

La Via 17 maggio

UN TEMPO CHE FINISCE,UN TEMPO CHE RIMANE (Mc 16,15-20)download50

Un gruppetto di undici persone che stanno lì a fissare il cielo. Questo ha lasciato Gesù andandosene.
I suoi tre anni si sono chiusi con un bilancio che noi diremmo fallimentare.
Undici uomini impauriti e con le idee poco chiare, che sino alla fine gli pongono domande che denotano la loro durezza di comprensione: “è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?”
L’ambiguità, l’equivocità di questa domanda non sta nella sua natura politica ma nel pensiero che Gesù sia venuto a restaurare qualcosa di passato piuttosto che ad inaugurare una realtà nuova.
C’è un sapore nostalgico in queste parole, quasi una sorta di insicurezza e di bisogno di avere di nuovo a disposizione dei punti di appoggio su cui si era precedentemente basata la propria vita.
Con una leggera forzatura è come dire che i discepoli non riescono ad elaborare un lutto.
E forse proprio in questo chiave occorre leggere la festa dell’Ascensione.
Essa è una cesura tra il tempo che finisce e il tempo che rimane.
Il tempo che finisce è quello della vita terrena di Gesù, della vita che Egli ha condiviso con tutti i nati di donna. E il tempo che rimane è quello della sua presenza, ogni giorno, nei loro cuori.
Senza la vita terrena non sarebbe stato possibile neppure questa nuova presenza.
Anche noi ci troviamo spesso a che fare con l’idea del tempo che finisce.
Probabilmente l’affanno che tanto facilmente caratterizza il nostro modo di vivere è il riflesso di questa segreta convinzione, che il tempo sia sempre scarso e destinato a finire prima che possiamo portare a termine la nostra opera.
Accettiamo con fatica questa finitudine e a volte la fuggiamo con la nostalgia dei tempi in cui siamo stati meglio o con il desiderio di bloccare come in un fotogramma gli attimi di felicità.
Anche per noi però esiste un tempo che non finisce, un tempo che rimane.
È Gesù che ce lo ha regalato.
Lo ha regalato anzitutto ai suoi discepoli rendendoli capaci di compiere gesti che arginassero le forze del male, anzi che le sconfiggessero: guarire i malati, parlare lingue nuove, neutralizzare i veleni, …
Questi gesti erano in realtà segni, segni di una speranza capace di andare oltre ogni ostacolo, segni di un futuro in cui splenderà radiosa la luce.
Ogni gesto della nostra vita fatto per contrastare il male è destinato a rimanere nel cuore degli uomini e in quello di Dio.

Don Umberto e Don Stefano