Omelia domenica 1 febbraio
Noi abbiamo ridotto la parola “autorità” ad una idea di qualcosa che limita, che chiude, che vincola.
Tutto il contrario dell’autorità di Gesù: nella sua parola c’è la forza di generare, di fermentare, di lievitare.
Credo che non ci si interroghi mai abbastanza sulla qualità delle nostre parole e del nostro ascolto.
Ad un personale esame di coscienza mi scopro essere un uomo che abusa delle parole, che ne fa uso fin troppo spesso e in modo ripetitivo, a volte retorico.
Scopro che anche tante parole ascoltate non mi fanno per niente sussultare.
Mi chiedo se la preziosità di una parola non dipenda anche dall’intensità di chi la ascolta, dal desiderio reale di gustare qualcosa che possa portare salvezza.
E ritorno con l’immaginazione a quel remoto sabato in cui Gesù entrò nella sinagoga .
La gente si stupì del suo insegnamento e delle sue parole perché le desiderava.
Da troppo tempo risuonava il parlare degli scribi; un parlare vuoto, un elenco di cose da fare, un suono senza brividi.
Ad alcuni, parole così vanno bene: a quelli che non vogliono fastidi, a quelli che amano il quieto vivere, a quelli che vogliono solo essere confermati in ciò che già pensano.
Ma ad altri no.
Altri capiscono che il gusto della vita dipende da quanto ti lasci scuotere e da quanto ti rimetti in gioco.
Spero che possiamo ritrovarci in questa seconda categoria di persone.