La Via 11 gennaio
DOVE VAI SIGNORE? (Mc 1,7-11)
I magi li abbiamo lasciati in cammino, sulla strada del ritorno: prima guidati da una stella, poi dal volto di un bambino.
E quel bambino lo ritroviamo uomo: anch’egli sulla strada, anch’egli in cammino.
Così inizia la vita di Gesù per l’evangelista Marco, con uno spostamento: “Gesù venne da Nazareth di Galilea e fu battezzato nel Giordano”.
Lo so, oggi dovrei riflettere sul battesimo, ma mi insegue questa immagine di Gesù che cammina, che si sposta.
Provate a leggere il Vangelo di Marco tutto d’un fiato (ci vogliono un paio d’ore).
Ecco, se lo fate avrete la sensazione di uno spaesamento perché Gesù si sposta in continuazione passando dai luoghi deserti alle case, dalla via alla sinagoga, dalla riva del lago alle colline.
Leggi, leggi e ti sembra di non afferrarlo mai, ti sembra che sfugga sempre e che ciò che puoi capire e dire su questo uomo di Nazareth sia sempre in ritardo rispetto a Lui.
Quasi ti costringe ad essere continuamente in movimento anche tu
Ti pare che se ti fermi non ne cogli il mistero, non ne assapori la vita.
E alla fine, di fronte a una tomba vuota, ti chiedi dove sia e perché si sposti così di continuo.
Anche grazie a queste domande il valore del suo Battesimo appare più chiaro.
Perché Gesù venne alla riva polverosa del Giordano assiepata di peccatori in cerca di perdono? Per condividere la loro sorte; per stare, senza enfasi, nella loro condizione ed esprimere così la sua vicinanza.
Sarà il tratto distintivo della sua vita: amico di pubblicani e di donne di strada; camminatore alla ricerca di volti.
Sempre in movimento per andare dritto alla porta dell’umano. E la porta dell’umano è il volto.
Per questo amava i peccatori: volti che nessuno più guardava; e quando un volto non è abituato ad essere guardato ti ascolta molto di più quando gli parli.
Il suo perenne andare, senza sosta, da un villaggio all’altro aveva un segreto. Anche il suo essere così prodigo di sguardi, di parole, di gesti aveva un segreto.
Fu il Battesimo il suo segreto.
La certezza che c’era un volto inciso nel suo cuore: quello del Padre.
A volte penso che questa paternità celeste gli abbia conservato il cuore di bambino.
E nella preghiera chiedo la stessa empatia per tutto ciò che noi poveri uomini siamo in grado di vivere.
Don Umberto e Don Stefano