La Via

La Via 15 settembre

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FRATELLI                                             (Lc 15, 1-32)

 

Ai più avveduti questo titolo farà venire in mente la famosa poesia di Ungaretti, (scritta al fronte durante la guerra del ’15-’18) con quella parola “fratelli” isolata da tutto il resto per evidenziarne la forza e il significato.

Ed è proprio così: l’ho copiato dal grande poeta.

Ad altri invece verrà in mente che una riflessione sulla fraternità partendo dalla parabola del figliol prodigo (questo è il Vangelo di oggi) l’abbiamo già fatta in Quaresima.

Non intendo certo ripetermi, ma non posso esimermi dal pensare che questa nota parabola non parli solo di Dio Padre, ma anche del rapporto tra i due figli.

Visto poi il tema del nostro anno pastorale “aspettatevi gli uni gli altri” credo che una riflessione su questo tema sia opportuna.

La liturgia ci dà la possibilità di sviluppare un confronto.  Da una parte c’è Mosè (1° lettura): anch’egli è un fratello maggiore per il suo popolo, un fratello che difende davanti a Dio Padre gli altri fratelli che hanno peccato. Un fratello che si mette dalla loro parte, che implora Dio di perdonarli, che si apre alla misericordia.

Dall’altra parte c’è il primogenito della parabola. È l’esatto opposto di Mosè, non difende il fratello minore, anzi lo accusa, si arrabbia con il padre e ne pretende la punizione,

non lascia spazio alla misericordia ma si abbandona al rancore.

Ma dove nasce la profonda differenza tra queste due figure di fratelli maggiori?

Mosè è benevolo perché è stato lui stesso oggetto della benevolenza e non l’ha dimenticato.

La salvezza è un’esperienza che egli per primo ha vissuto e questa personale convinzione lo conduce ad uno sguardo spirituale, buono e positivo sugli errori degli altri.

L’uomo della parabola invece non ha fatto esperienza dell’amore: egli è un giusto e la giustizia è il suo criterio di valutazione delle cose. Quella giustizia priva di perdono che però non può sanare le situazioni, ma solo inasprirle.

Si sente in diritto di giudicare e questo diritto lo acceca, rendendolo incapace di accogliere quei doni che il padre, da sempre , ha messo a sua disposizione.

È come uno che pensa di aver subito un torto e cerca in ogni modo una rivalsa.

Alla mitezza e magnanimità di Mosè fa da contrappeso l’animo polemico e amareggiato del fratello maggiore.

Si tratta di due modi di vedere la vita.

Per quanto concerne la parabola si tratta di una parabola che parla di conversione: ma non del peccatore alla giustizia, bensì del giusto alla misericordia.

Il che, a volte, è molto più difficile.

 

 

Don Umberto e Don Stefano