
La Via 16 marzo
UNA LUCE NELLA PROVA (Lc 9,28-36).
Quando ascolto e leggo il brano della trasfigurazione penso sempre ai tre discepoli che erano con Gesù.
Immagino la loro estasi, il timore che diventa gioia e il desiderio che quel momento si prolunghi.
Penso a loro perché accade anche a noi di avere momenti di consolazione, momenti belli, in cui non ci manca niente.
E come per i discepoli, quei momenti finiscono presto.
E la vita torna normale, con il suo carico di fatiche e difficoltà. E con le sue prove.
Però i tre discepoli vissero la trasfigurazione proprio per poter resistere, un giorno, alla prova del Getsemani, quando vedranno il volto del Signore segnato da tristezza e angoscia.
Anche per Gesù quindi la trasfigurazione ebbe questo significato.
Vorrei affidarmi alle parole di una lectio suggestiva del card. Carlo Maria Martini.
Si chiede “che cosa rappresenta la trasfigurazione per Gesù?”
Risponde: “E una promessa e un’anticipazione della sua gloria. Egli ha vissuto finora una vita molto umile, molto povera, quasi trascurata dagli altri: certamente ha compiuto miracoli e la folla gli è corsa dietro, ma a un certo punto si è ritirata perché le sue esigenze erano troppo alte. Gesù dunque sta vivendo un momento di solitudine, di abbandono da parte della gente. Ed ecco che il Padre interviene quasi a incoraggiarlo: è destinato alla pienezza della gloria.
Per Gesù il momento della Trasfigurazione mostra quella gloria che è già in lui, pur se non è ancora manifestata. Inoltre per Gesù l’evento del Tabor è un sostegno di fronte alla passione che lo attende; è un aiuto alla sua umanità prevedere la sua risurrezione e ascensione”.
Che cosa rappresenta – si chiede il cardinale – la trasfigurazione per i discepoli e quindi per noi?
“Potremmo dire che l’evento è sorgente di una grande consolazione intellettuale. Anch’essi, come noi, venivano tentati di lasciarsi chiudere nelle critiche, nelle mormorazioni, in tutto ciò che costituiva la quotidianità, poco rilevante; sul monte sono invitati a leggere nelle piccole cose la grandezza del mistero di Dio che si rivela.
Agli occhi della fede, nulla più nella nostra vita è banale, niente è mediocre, niente ci rende impazienti, perché cogliamo il senso profondo di tutto. È una consolazione intellettuale, nella quale si gode di capire il senso di tante prove, sofferenze, oscurità. Si comprende che tutto ha un senso”.
Don Umberto

