La Via

La Via 9 ottobre

UNO SU DIECI CE LA FA (Lc 17,11-19).

 

Dieci lebbrosi tutti insieme sono un pugno nell’occhio.

Una piccola comunità di reietti, uomini dalla pelle putrefatta e dagli occhi spenti.

Un gruppo che nessuno guardava: probabilmente tanti li avranno visti, ma vedendoli avranno fatto finta di niente.

Non c’è peggior cieco di chi non vuole vedere dice un noto proverbio.

Mai la saggezza popolare si sbaglia.

Gesù invece vuole proprio vederli, anzi vuole guardarli.

Ed è il suo sguardo a guarirli.

Seneca, nelle sue lettere a Lucilio, scriveva “Non importa quello che vediamo, importa piuttosto come lo vediamo”.

Così ha sempre fatto Gesù.

Di quei dieci non ha visto la loro lebbra, cioè la loro impurità, il loro male, il loro essere pericolosi.

Ha visto la loro persona, la loro umanità ferita.

E da quello sguardo è partito per loro un nuovo cammino.

La guarigione infatti avviene “mentre vanno a presentarsi ai Sacerdoti”.

Il cammino è il luogo in cui la loro condizione cambia; ma però continua solo perché qualcuno (Gesù) li ha guardati diversamente e con amore.

Il cammino è metafora della vita.

Trascorrerla scoprendosi amati è tutt’altra cosa dal vivere con un vuoto nel cuore.

Guarire però non è sufficiente.

Occorre essere salvati.

E per salvarsi occorre la gratitudine di chi ha il coraggio di tornare indietro per andare da Gesù.

La salvezza è l’incontro con il Signore, il legame con Lui che rende piena l’esistenza.

Chissà perché gli altri nove non ringraziano: forse troppo presi dal pensare cosa avrebbero potuto fare ore che erano guariti.

Spesso è proprio così: si dimenticano i mille grazie che dovremmo pronunciare perché tutti presi dalle nostre cose.

Grazie è una parola, come dice Pablo Neruda, “logora e vecchia, ma che brilla come una moneta”.

Facciamola circolare.

Don Umberto