La Via

La Via 29 maggio

CAMMINARE CON LE PROPRIE GAMBE.

(Lc 24,46-53).

 

La festa dell’Ascensione del Signore ha un significato immediato: Gesù sale al cielo, alla destra del Padre e così il suo cammino sulla terra giunge finalmente alla sua meta.

Egli scavalca una distanza che pareva insormontabile, quella che separa la terra dal cielo e così unisce queste due realtà.

Se ogni realtà terrestre ha un legame con il cielo è perché Gesù è salito al cielo stesso.

Ma a ma pare necessario guardare a questo avvenimento anche con gli occhi dei discepoli, mettendosi in qualche modo nei loro panni.

Da quel momento non avrebbero più rivisto il Signore, il loro maestro.

C’era qualcosa in loro come se dovessero rielaborare il lutto ed iniziare, in quel momento, a camminare con le proprie gambe.

Eppure Gesù, salito al cielo, garantì loro la sua presenza.

Una presenza diversa, non più fisica e corporea, ma interiore e spirituale.

Una presenza-assenza.

Rimasero lì per lì come sorpresi ma non turbati come invece fu per la sua morte in croce.

Sapevano che la sua assenza non si sarebbe rivelata un vuoto incolmabile, ma una risorsa.

Proprio non potendo stare più fisicamente con Gesù avrebbero potuto godere interiormente di lui in ogni momento della loro vita.

Non avrebbero più avuto chi diceva loro cosa fare e dove andare: ma lo avrebbero saputo da soli, nel loro cuore, colmo della presenza del maestro.

A pensarci bene spesso nella nostra vita viviamo alla presenza di qualcuno anche se quel qualcuno non lì con noi.

È la capacità di vedere l’invisibile, tutto tipico della fede, di cui ci parla la lettera agli Ebrei.

Vedere l’invisibile vuol dire passare da questa terra al Padre, compiendo anche noi, ogni giorno una sorta di ascensione.

Per diventare capaci di accettare che il nostro desiderio non trovi quaggiù il suo pieno compimento.

Don Umberto