La Via

La Via 21 marzo

 LA VITA? UN SEME

 (Gv 12,20-33).

“Considerate la vostra semenza”.

Sono queste le parole che Dante mette sulle labbra di Ulisse nel XXVI canto dell’Inferno nella Divina Commedia.

Sono rivolte a coloro che seguivano Odisseo e costituiscono un invito a comprendere quale sia la natura profonda di ogni uomo, quale la sostanza della vita sulla terra e il senso, quindi, dell’esistenza.

Di questa semenza per il sommo poeta è decisiva la virtù.

Molto prima di lui, nel Vangelo, Gesù utilizzò l’immagine del seme per definire il senso della vita umana.

Con quale immagine noi definiremmo la nostra vita?

Quale simbolo potrebbe esprimerla in senso pieno?

Non tanto nella precisa contingenza storica che stiamo attraversando, ma nel suo valore integrale, nella sua dimensione complessiva.

“La semenza è un seme”, potremmo dire con un gioco di parole quasi tautologico.

La nostra vera natura consiste nel morire per portare frutto.

Non penso alla nostra morte corporale, quanto piuttosto a tutte quelle piccole morti quotidiane che ci permettono di produrre un frutto che va a beneficio di coloro che ci circondano.

Ogni giorno si muore un po’; ogni ora che passa scandisce il lento morire.

Non c’è alternativa a questo.

Si può solo decidere se subire le cose o se scegliere di trasformare questa inevitabile morte in occasione di dono di sé!

Proprio come il chicco di grano a cui Gesù paragona la sua vita.

E proprio come Charles de Foucauld di cui dicevamo che non ha aspettato di morire per morire.

Ovvio che una simile scelta ha un presupposto: quello di amare la vita.

Chi sceglie di morire per amore non è un necrofilo, non è un odiatore del mondo.

È una persona che ama la vita, non perché ha dei progetti, ma perché ha una missione.

E asseconda questa missione, la cui quotidiana realizzazione, finché Dio vorrà, illumina l’esistenza di una luce Pasquale.

            Don Umberto