La Via

La Via 24 settembre

ULTIMA CHIAMATA (Mt 20,1-16a)

Prima o poi Dio rivela un aspetto di sé che per noi è inaccettabile.
A volte, onestamente, queste rivelazioni si ripetono e ci lasciano sconcertati.
Domenica scorsa c’è stato l’invito al perdono illimitato. Ma come è possibile?
Oggi l’ assurdo di Dio arriva ad un punto che ci sembra sfiorare l’ingiustizia: l’operaio che lavora un’ora soltanto viene retribuito quanto quelli che hanno lavorato tutto il giorno.
Queste palesi incongruità di Dio sono intollerabili per noi che vorremmo pesare accuratamente meriti e demeriti.
Alla mente ritornano le parole del profeta Isaia “I miei pensieri non sono i vostri pensieri e le mie vie non sono le vostre vie, dice il Signore”.
Lo sappiamo. Ma il nostro animo non accetta ugualmente.
Perché Dio ragiona così diversamente?
È davvero possibile entrare in sintonia con questa logica del Regno?
Forse c’è un passaggio previo da fare.
Si può entrare in sintonia con la sofferenza altrui. Si può, in altre parole, provare compassione.
Immaginare quanto siano terribili quelle ore quando nella piazza del mercato aspetti che qualcuno ti chiami al lavoro.
E non arriva nessuno.
Guardi le lancette dell’orologio e pensi che non sai come fare a portare a casa qualcosa per la tua famiglia.
Pensi che tornerai a mani vuote e che i tuoi figli ti guarderanno delusi.
Quella amarezza, quella tristezza, quella frustrazione non sono difficili da pensare.
Si possono però anche “sentire”.
Credo che proprio questo senta Dio nei confronti delle sue creature.
Egli ragiona in termini di bisogno e non in termini di merito.
Come il padrone della vigna, non si stanca di uscire e va a cercare quelli che sono rimasti indietro, tagliati fuori, forse per colpa loro, o forse a motivo della cattiveria altrui.
Non ha una visione retributiva della giustizia e dell’economia: il suo desiderio è che a tutti sia garantito ciò di cui hanno bisogno.
È una logica di solidarietà e non di arrivismo e prestazione.
È una logica completamente diversa ma ci farebbe uscire da ogni crisi.
In tanti, troppi, l’hanno chiamata utopia. E noi?

Don Umberto