La Via

La Via 23 aprile

CARO TOMMASO
(Gv 20,19-31)

Caro Tommaso,
è strano scrivere una predica a mo’ di lettera, ma ho deciso, dopo tanti anni, di schierarmi formalmente e solennemente dalla tua parte.
Mi spiego meglio: ogni anno, dopo l’ebbrezza della festa di Pasqua, puntualmente leggiamo il vangelo che ti riguarda; il motivo è semplice: san Giovanni ci racconta che il fatto, meglio, il fattaccio, è accaduto otto giorni dopo l’apparizione di Gesù a porte chiuse nel Cenacolo, la sera di Pasqua.
Ora: sono stufo di vederti descritto come un incredulo; su te abbiamo addirittura composto un proverbio: “Tommaso, che non ci crede se non ci mette il naso” e, così, sei arrivato fino a noi con la falsa nomea d’incredulo.
È il nostro consueto modo di leggere il vangelo, col cervello in standby, ascoltandolo come se fosse una pia e edificante favoletta, senza la voglia di approfondire ciò che dovrebbe nutrire la nostra vita e la nostra fede.
Eppure, Tommaso, leggendo bene il racconto di Giovanni, si capisce subito che tu al Rabbi ci hai creduto, fin troppo. Dalle tue parole durissime, ferite, s’ intuisce l’amarezza che ti ha sconvolto il cuore all’ indomani della croce…
Tu incredulo? Andiamo! Piuttosto credulone, con l’entusiasmo che ti contraddistingueva tra i Dodici.
Tommaso, mi sono riconosciuto molte volte in te, ti ho visto nel volto di molti fratelli scoraggiati e delusi dopo aver dato l’anima in un sogno, in un progetto.
Più voli in alto e più – cadendo – ti fai male.
La croce, inattesa, aveva inchiodato il tuo Maestro e la tua vita e messo fine al tuo sogno.
Ma – e questo è stupefacente – Giovanni ci dice che otto giorni dopo tu eri ancora con loro.
Non li hai mollati come spesso vedo fare, non ti sei sentito superiore, migliore, a parte. Hai voluto condividere la tua amarezza con loro.
E finalmente è accaduto: apposta per te è venuto il Maestro. Vedi come ti ama? Le sue piaghe, il suo costato, ostesi, aperti, mostrati, sono l’icona attraverso cui vedrai in Cristo il tuo dolore superato. Gesù, ora, ti parla: «Tommaso, so che hai sofferto tanto. Guarda le mie mani trafitte: anch’io ho sofferto tanto».
A quel punto ti sei arreso: hai lasciato la diga del pianto rompere gli argini, ti sei lasciato travolgere dall’amore e dalla fede, ti sei buttato in ginocchio e tu, per primo, hai osato dire ciò che nessuno prima aveva osato neppure pensare: Gesù è Dio.

P. Curtaz