La Via

La Via 13 novembre

LIMES (Lc 21, 5-19)

La parola è latina e significa “confine”.
Per gli antichi romani non era solo il modo di limitare uno spazio.
Limes era un concetto forte: una soglia da non oltrepassa-
re. Oltre c’era l’ignoto, il pericolo e lo svantaggio di una condizione in cui l’impero non poteva più proteggerti.
Non conveniva davvero andare oltre il limes.
Oggi nel Vangelo Gesù parla di catastrofi, di guerre, di pe- stilenze e carestie.
Un linguaggio duro, apocalittico.
E chi lo ascolta vuole conoscere il limes.
Vuole sapere quali saranno i segni che quelle cose stanno per compiersi.
Vuole una anticipazione almeno verbale di quella soglia, oltre la quale il pericolo sarà concreto e reale.
Forse per scongiurarlo, per allontanarlo il più possibile, o per eliminarlo del tutto.
C’è qualcosa di contemporaneo, di attuale in quelle do-
mande.
Il sentire comune di oggi, il polso della società mi sembra che non batta più al ritmo del verbo “consumare” ma del verbo “durare”.
Si prende sempre più coscienza che la terra non potrà es-

sere consumata all’infinito ma che occorre farla durare; così il proprio corpo, le proprie relazioni, le proprie cose. Gesù sembra non soffermarsi su questo aspetto.
Per Lui le catastrofi sono in qualche modo inevitabili. Decisivo è salvarsi o perire in esse. E per salvarsi Gesù raccomanda la perseveranza.
Essa è la fedeltà alle piccole cose quotidiane, alle scelte, alle decisioni, allo stile di vita cristiano.
La perseveranza richiede ripetitività di gesti, di scelte e di pensieri che quelle scelte hanno prodotto.
Ed ecco allora che cosa mi chiedo.
Esiste un limes anche nella perseveranza?
Esiste cioè un confine che è pericoloso attraversare perché una volta oltrepassato la perseveranza diventa noia, routi- ne e stanca abitudine?
O peggio ancora diventa scelta di comodo e cattiva volontà? Sentiamo spesso dire che la perseveranza è un atteggia-
mento generalmente buono.
Ma a volte ci viene altresì detto che Dio è perenne novità, che chiama a scelte diverse e più coinvolgenti.
Cosa dobbiamo fare allora? Come conoscere anche noi i
segni “che ciò sta per compiersi”, cioè che la catastrofe
sta avvenendo dentro di noi prima che nel mondo?
Sono domande che invitano alla vigilanza; e l’eco di que- sta parola si sente già da questa domenica, perché l’avvento è alle porte.
Prenderne coscienza è importante.
Per non correre il rischio di oltrepassare quel limes al di là del quale i nostri giorni, inevitabilmente ripetitivi, potreb- bero ucciderci l’anima.

Don Umberto