La Via

La Via 5 giugno

LA FORZA DELLA VITA (Lc 7,11-17)

La corrispondenza, voluta e consueta, che la liturgia propone tra la prima lettura e il Vangelo, oggi è particolarmente chiara.
I due episodi sembrano quasi il calco l’uno dell’altro: due vedove, due figli unici,due morti, due resurrezioni.
Ma è nelle differenze, pur presenti, che dobbiamo cogliere il messaggio.
La prima lettura non lesina particolari che fanno emergere la drammaticità del momento. La madre di quel ragazzo morto grida il suo dolore: lo fa con parole audaci, probabilmente inappropriate.
Si scaglia contro il profeta, quasi gli rovescia addosso la sua rabbia.
Sono parole sbagliate, certo.
È però quasi indispensabile pronunciare parole sbagliate, molte parole sbagliate, prima di trovare quelle giuste, quelle adatte e capaci di dare figura ad un sentimento profondo o ad un dolore.
La donna del Vangelo invece porta suo figlio alla sepoltura ma tace, piange sì, ma tace.
Un silenzio assordante perché oppresso dal dolore. Molti sentimenti confusi spesso stanno all’origine delle lacrime.
Bisogna lasciarle scorrere copiosamente prima che questi sentimenti emergano, affiorino e possano così essere curati.
Quando escono incontrollate, come un fiume in piena, inondano le labbra di chi parla e fanno dire ciò che forse non si pensa.
Così, tornando alla donna della prima lettura ecco esondare anche parole amare parole che cercano un motivo al dolore nel senso di colpa. La madre di fronte al male suo e del figlio è oppressa dal sentimento oscuro che c’entri la propria colpa.
E forse non solo per quella madre è così.
Il profeta Elia che ridona vita al ragazzo vuole guarirla anche da questo male profondo, che si annida nell’animo e ha radici antiche: Dio guardiano implacabile e punitivo.
Anche Gesù ripulisce questa immagine.
Anche Gesù fa risorgere il figlio unico di una madre vedova.
Ma i suoi gesti sono al contempo, più delicati e più autorevoli di quelli del profeta. Senza che la donna parli Gesù comprende il suo dolore e i suoi sentimenti; con la sola forza della parola ridà vita al figlio; tocca la bara senza paura di rendersi impuro.
La scomparsa delle persone che amiamo distilla nella vita di ciascuno, poco o tanto, un veleno mortale.
Ed è proprio questo veleno che Gesù vuole rendere inoffensivo.
Nel trionfo della vita, trionfa la speranza.

Don Umberto