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Omelia 5 marzo

C’è un altro figlio. Il fratello Maggiore.
Lui sì che avrebbe tanto da farsi perdonare: quella sua regolarità senza slanci, il suo praticare lo stile di chi non ama gli eccessi e soprattutto il suo perbenismo indisponente.
Ci rispecchia nel nostro sentirci a posto, ubbidienti al Signore ma senza gioia; estremamente puliti ma nel cuore gelidi e inflessibili, avvezzi al giudicare e incapaci di amare.
Chissà se si è dato pensiero qualche volta per la sorte del fratello; e chissà se qualche volta avrà abbracciato il padre affranto per aver perso un figlio.

Ecco infine, il Padre, affranto e poi felice.
L’aggettivo “prodigo” andrebbe associato a lui.
È prodigo d’amore, largheggia nel perdono, abbonda nella comprensione.
Senza un rimprovero, senza una recriminazione.
Senza far sentire in colpa il figlio neppure con lo sguardo inquisitore.
Di tutti i verbi che esprimono l’intensità del suo perdono mi ha sempre colpito “lo baciò”.
Abbracciare è tanto. Ma baciare è molto di più. È la consegna del proprio respiro, è il dono della propria vita.
Il padre riporta in vita il figlio.
Quanta vita possiamo diffondere intorno a noi! Quante volte possiamo far risorgere le persone, come fa Dio!
Dio ci tiene per un filo. Ad ogni errore il filo si spezza. E Dio lo riannoda. Così succede che più ci allontaniamo, più Dio ci avvicina.
Eccolo, il succo del Vangelo.