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Un nome e un volto

Al Jesuit Refugee Service il Pontefice ricorda la necessità di difendere i diritti dei profughi.

Dietro ciascuno dei sessanta milioni di rifugiati sparsi nel mondo — la cifra più alta dalla seconda Guerra mondiale — ci sono «un nome, un volto, una storia».

Lo ha ricordato Papa Francesco ai membri del Jesuit Refugee Service, ricevuti in udienza sabato mattina, 14 novembre, nella Sala Clementina, in occasione del trentacinquesimo anniversario di fondazione. Nel raccomandare fedeltà all’ideale di padre Arrupe, che nel 1980 diede vita alla struttura di accoglienza, il Pontefice ha riproposto i «tre punti fondamentali della vostra missione: accompagnare, servire, difendere i diritti dei rifugiati».

In particolare Francesco ha posto l’accento sul diritto all’educazione, sottolineando che «le scuole sono spazi di libertà» e «luoghi di condivisione, anche con bambini di culture, etnie e religioni differenti».

Per il Papa «offrire educazione è molto più che dispensare nozioni. È un intervento che offre ai rifugiati qualcosa per cui andare oltre la sopravvivenza, mantenere viva la speranza, credere nel futuro e fare dei progetti». Per questo, ha affermato, «dare ai bambini un banco di scuola è il regalo più bello che possiate fare».

IL DISCORSO DEL PAPA