Catechismo medie,  Quaresima

Abbà Padre catechismo medie

pdf50ABBA’ PADRE  ” DARE DEL TU A DIO “.
Contesto:
nel grande discorso “programmatico” che Matteo raccoglie dalla bocca di Gesù e mette insieme per i cristiani di tutti i tempi, non poteva mancare un insegnamento sul modo di pregare. Possiamo dire che questo è il punto più alto del discorso della montagna, perché Gesù ci rivela come parlare a Dio. E siccome non si può parlare con qualcuno senza co-noscerlo, Gesù ci rivela chi è Dio.
Lettura
“Padre nostro”. A noi pare scontato e normale chiamare Dio con il nome del padre. In realtà, in questa invocazione sta la differenza del cristianesimo da tutte le altre religioni.
Prima del cristianesimo e al di fuori di esso, gli uomini hanno sempre avuto paura degli dei: “Essi sono potenti, possono decidere di noi, ci puniscono, ci possono distruggere, sono gelosi della nostra grandezza”. E allora giù: sacrifici, scongiuri, precauzioni.
Anche oggi la musica non cambia! Chi non crede veramente in Gesù, cade fatalmente in preda alla superstizione e al fatalismo: “Siamo condannati da un destino pazzo e crudele”. E allora giù: amuleti, paura della civetta, del gatto nero, dello specchio che si rompe, ricerca di maghi e indovini, corsa a toccare ferro.
Gesù invece ci rivela che Dio è un padre buono e affettuoso.
“Che sei nei cieli”. Non vuol dire che Dio sta per aria, ma che egli è grande, onnipotente, infinito.
Allora siamo da punto e a capo? Dio è tanto grande che ci può schiacciare? Al contrario! La nostra serenità nasce dal fatto che Dio mette la sua grandezza per amarci e proteggerci… Se Dio fosse “deboluccio” come noi, avremo poco da stare allegri!
“Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà”.

L’amore di Dio ci raggiunge per farci diventare grandi come lui. Voler piegare Dio a fare la nostra volontà sarebbe come volere mettere l’ocea-no dentro una bottiglia. Per poter godere del sole, bisogna aprirgli le fi-nestre; per poter avere ossigeno, bisogna spalancare i polmoni; per poter gustare un panorama, bisogna aprir bene gli occhi.
“Il pane quotidiano”. Quel tanto che ci basta per vivere sereni, senza af-fanni, senza togliere il necessario agli altri. Quando comincia la corsa per arricchire, per ammucchiare, significa che non si ha più fiducia in Dio.
“I nostri debiti”. Per quanto facciamo, non possiamo mai considerarci “in pareggio” davanti a Dio. Se ciò fosse possibile, lui non sarebbe più “nei cieli”, ma uno come noi. Lui sta sempre “più in su” e quindi non dobbiamo mai dimenticarci di chiedergli perdono e aiuto.
“I nostri debitori”. Chi non perdona, chi non dà fiducia e amore agli altri, vuol dire che si ritiene più di Dio. Vuol dire che “da bottiglia che è” “vuol farsi passare da “oceano”. A un illuso così, nemmeno Dio può fare niente: l’acqua del suo amore andrebbe sprecata. Uno così, per non finire male, ha soltanto una possibilità: convertirsi e tornare a essere una creatu-ra, un figlio che dà agli altri l’amore che Dio dona a lui.
“Tentazione”. Vuol dire: difficoltà troppo grande per le nostre spalle. È una invocazione che ci fa rimanere nella verità, con i piedi per terra: “Siamo piccoli, abbi pazienza!”.
“Male”. La radice di ogni male è dimenticarsi che Dio è un padre grande e noi siamo suoi figli. Il male, il peccato, è non fidarsi di Dio e voler fare di testa nostra, mettendoci al posto suo… come il Maligno, il Diavolo.
Meditazione
Il “Padre nostro” non è tanto una preghiera da dirsi con le labbra, ma con la vita. Vivere il “Padre nostro” significa rimanere nella verità, non mon-tarsi la testa, non uscire dai binari. Significa vivere felici.
Ma Dio lo dà a tutti il “pane quotidiano”? Come mai tanti muoiono di fame?
Finché c’è un uomo che muore di fame, significa che tutti gli altri non hanno imparato a dire bene il “Padre nostro”. Se tutti i cristiani che dicono il “Padre nostro” con le labbra lo dicessero con la vita, finirebbe la fame nel mondo. Come si fa a dire “Padre nostro” con le labbra e, poi, continuare con la vita: “Questo piatto di carne me lo mangio tutto io. Anzi: lo spreco e chi ha fame si arrangi!”.
Stiamo attenti a non dire “nostro” e a fare “mio” perché Dio non ci sta: è
infinitamente buono, ma non è tonto!
Stiamo attenti a non voler far fare a Dio quello che è compito nostro, perché, dicendo “Padre nostro, non possiamo dimenticare di essere fratelli.
Stiamo attenti a non utilizzare il “Padre nostro” come una formuletta per ottenere il nostro esclusivo vantaggio, magari a danno degli altri. Egli è padre di tutti.
Preghiera
Signore Gesù, come San Francesco, oggi voglio rivolgermi a Dio, con le parole che soltanto tu potevi rivelarci: Padre nostro.
Signore Gesù, spesso nel pregare io spreco tante parole. Oggi voglio dire soltanto queste due: Padre nostro. In esse c’è tutto.
Contemplazione
“Siamo tutti fratelli e sorelle”…
Sarebbe bello, ma sembra un sogno irrealizzabile… basta accendere la televisione o aprire un giornale.
Però non possiamo fare a meno di sognare un mondo dove ci sia gioia e pace per tutti. E un mondo così non può che essere un mondo di fratelli e sorelle.
Allora, o smettiamo di sognare, oppure ci buttiamo a corpo morto a realizzare ciò che ci sembra un sogno. Questo significa vivere il “Padre nostro”.
Azione
Voglio fare del “Padre nostro” lo specchio, il termometro, l’esame di coscienza della mia vita.