La Via

La Via 25 febbraio

QUEI TRE     (Mc 9,2-10).

Ogni anno in Quaresima veniamo invitati a contemplare la scena della Trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor.

La liturgia vuole mostrarci così la meta pasquale del nostro itinerario penitenziale; ma al contempo vuole invitarci a metterci nei panni dei tre discepoli che contemplando Gesù trasfigurato e pieno di luce ebbero una esperienza diretta della realtà divina del loro maestro.

Pietro, Giacomo e Giovanni (questi i tre discepoli presenti) in che condizioni interiori giunsero a quel momento?

Salirono sul Tabor in preda ad una profonda delusione e con il cuore appesantito dal fallimento a cui Gesù stava andando incontro.

Non sarebbe difficile per noi entrare nei loro panni e immedesimarci nella loro condizione.

A volte capita di attraversare momenti di oscurità nella vita personale, familiare e sociale.

Capita di sentirci impauriti di fronte alla malattia, alla solitudine o al mistero della morte.

Anche nel nostro cammino di fede spesso inciampiamo nella delusione che gli altri ci causano (ma anche noi la causiamo a loro); inciampiamo nella fatica del Vangelo e nelle sue radicalità.

Avvertiamo l’incolmabile distanza che c’è tra la nostra miseria e la santità di Dio e tutto questo ci scoraggia.

Abbiamo bisogno, in quei momenti, di una luce che ci possa offrire un altro sguardo illuminando in profondità il mistero della vita.

Una luce che ci aiuti a reagire andando anche oltre i nostri schemi e oltre i criteri di questo mondo.

Proprio questa luce, che era Cristo e la sua persona; fu donata ai tre discepoli sul Tabor.

Il Signore vuole donarla anche a noi.

Ma è necessario salire sul monte.

È necessario quella presa di distanza dal quotidiano e dai nostri attaccamenti che il triplice sentiero della Chiesa ci propone attraverso la preghiera, la carità e il digiuno.

Ci verrà data allora la grazia di contemplare la bellezza del Risorto che ci aiuterà a contemplare la nostra storia a partire dal mistero Pasquale.

Don Umberto