La Via

La Via 14 aprile

TOCCARE E CREDERE     (Lc 24,35-48).

Il risorto chiede di essere toccato.

Ci eravamo lasciati con questo invito fatto domenica scorsa a Tommaso.

Non era un semplice tocco, ma un invito a sentire le ferite del mondo.

Oggi si ripete questo invito a tutti i discepoli.

Chiedendo di essere toccato Gesù Risorto rivela agli Undici che confessare la sua risurrezione dai morti non è convincersi di un’idea o aderire a un ideale.

Il Risorto non lo si incontra sui libri ma stando nel mezzo della comunità reale, là dove egli viene in “carne e ossa” e domanda di essere toccato, palpato.

Se la realtà è superiore all’idea, la carne è il sacramento del reale.

Da qui l’invito “Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io!”

Come ogni corpo porta in sé le tracce della vita che ha vissuto, così il corpo del Risorto porta iscritta in sé la vita di Gesù.

Il corpo del Risorto è memoria vivente, perché le sue mani e i suoi piedi portano i segni della sua reale storia di carne.

Così, toccare la carne del Risorto è una condizione per giungere alla fede pasquale, per gli Undici riuniti nella camera alta come per noi riuniti nelle assemblee eucaristiche.

Ma come toccare oggi la carne del Risorto, dato che senza contatto non c’è fede pasquale reale, ma solo ideologia?

Chiedendo di essere toccato e guardato, il Risorto ricorda ai credenti in lui di ogni generazione che non v’è altra possibile via per giungere alla fede pasquale che non passi per il contatto vivo con la sua carne, vale a dire l’unicità della sua persona, la nudità del suo essere umano, la concretezza della sua vita, la realtà del suo vissuto.

Toccare la carne del Risorto significa per  noi creare con la persona di Gesù una relazione vera, concreta, fattiva, amorosa.

Toccare la carne del Risorto significa “rifugiarsi nei Vangeli come nella carne di Cristo”.

Don Umberto