La Via

La Via 29 ottobre

IL PIU’ GRANDE         (Mt 22,34-40)_

Come se stessi.

Così il Signore ci chiede di amare il nostro prossimo.

Di per sé non è nemmeno una richiesta.

Si tratta di un comandamento; di qualcosa quindi, di fronte alla quale non è facile sottrarsi o far finta di non aver capito.

Ma cosa significa amare il prossimo come se stessi? Quale forma concreta assume questo comando del Signore?

Esistono infatti persone, e non sono poche, che non amano affatto se stesse.

Uomini e donne che detestano lati del proprio carattere, o che non si piacciono ne’ nell’immagine ne’ nel modo di essere.

Anche l’amore di sé è un’arte.

Perché non coincide con l’egoismo infantile, e neppure con il narcisismo esibizionista.

L’amore di sé, per un cristiano, si fonda sulla coscienza di essere stato creato ad immagine di Dio.

E questa immagine non può essere brutta.

Ne’ abbiamo il diritto di rovinarla.

Credo quindi che amare l’altro come se stessi significhi amare quella presenza di Dio che c’è in ciascuno.

Significhi fare l’esperienza dell’empatia, cioè sentire come l’altro sente nella sua situazione, senza confondersi con lui.

Dio non ci chiede di annullarci, ma di “sentire”.

Solo il sentire permette di agire poi con carità e verità.

E questa carità, o amore, è il fine delle nostre pratiche spirituali. In questi giorni, nelle preghiere del Breviario, al mattino, sono stato molto aiutato da un testo di un padre della Chiesa, l’abate Giovanni Cassiano. Ve lo lascio, al termine di questa breve riflessione:

“Bisogna dunque esercitare le virtù secondarie – digiuno, veglie, vita solitaria, meditazione delle sacre Scritture – in subordinazione alla virtù principale, che è la purezza del cuore o carità. Guai a chi sminuisce la virtù della carità per dare il primo posto a ciò che è accessorio! Finché la carità resta integra e intatta, tutto va bene, anche se certe pratiche secondarie vengono per necessità tralasciate; se invece compiamo ogni cosa fedelmente, ma senza la carità, che deve essere l’anima di tutto, le nostre azioni non valgono più nulla”.

 

Don Umberto