La Via

La Via 28 maggio

L’ESSENZA STESSA della PREGHIERA (Mt 28,16-20)

Oggi ascoltiamo parole che fanno parte del testamento di Gesù.
Parole calde, parole che emozionano se riusciamo ad entrare in quella profonda comunione che legava Gesù a Dio padre suo.
Questa profonda comunione si chiama preghiera.
Certamente Gesù ha imparato a pregare come ogni bambino del suo tempo.
Avrà appreso le formule da recitare in sinagoga e avrà partecipato alla liturgia.
Ma la preghiera interiore, l’effusione del suo cuore di figlio dinanzi al Padre, nessuno ha dovuto insegnargliela.
E del resto, chi avrebbe potuto?
Solo lui la conosceva veramente perché in lui sorgeva spontanea.
Ed era una preghiera pura, cioè un vero colloquio con Dio e non con le sue proiezioni.
La preghiera interiore di Gesù era vera comunione con un Altro e non introspezione con il proprio ego.
Tutti coloro che sono rinati in Cristo nel Battesimo hanno in sé la capacità di vivere la stessa preghiera.
Anche in noi può avvenire quel passaggio dai riti e dalle formule alla preghiera interiore.
Dobbiamo solo vigilare e non confonderla con i nostri pensieri disordinati, le nostre emozioni spontanee, i nostri umori.
Potremo accorgerci della verità della nostra preghiera dai frutti che porta.
In genere, se c’è un vero incontro con Dio c’è anche una pace profonda, una quiete dell’anima che sono molto superiori al puro stato di rilassamento.
E’ la sensazione di sentirsi sicuri, fiduciosi e sereni.
Esiste questo tipo di preghiera.
Esiste davvero.
Anche se questo tesoro della preghiera noi lo portiamo in vasi estremamente fragili, spesso nascosti ai nostri occhi.
Infatti non è possibile percepire questa energia della preghiera sempre.
Ma anche quando non la percepiamo essa c’è e basta.
Anche se noi ci allontaniamo, quali che fossero le nostre tentazioni, distrazioni o cadute, essa non diserterà mai il nostro cuore.

Don Umberto