La Via

La Via 26 marzo

VOLUTAMENTE ASSENTE     (Gv 11,1-45).

Il miracolo della resurrezione di Lazzaro lo conosciamo bene.

In questo cammino battesimale che è la Quaresima esso esprime il dono della vita nuova che il battesimo stesso comporta.

Per questo vorrei soffermarmi su un particolare di tutto il racconto e in qualche modo approfondire questo particolare perché sia esso a nutrire il nostro spirito oggi.

Lazzaro era malato ed era amico di Gesù.

Egli stava per morire e per tutta risposta Gesù non trovò di meglio che indugiare.

Si fermò infatti nel luogo dove già si trovava.

Che amico è uno che si tiene ai margini del tuo dolore?

È mai possibile che l’amicizia resti salda se si compie un gesto simile?

Non è uno sgarbo troppo grande questa distanza o peggio questa assenza totale nel momento del bisogno?

C’è quasi il sapore del tradimento dentro un gesto del genere; c’è l’amarezza di sentirsi abbandonati.

Marta rimprovererà apertamente Gesù di questo suo comportamento.

E anche i discepoli non capiranno il perché.

Gesù arriverà dopo, quando Lazzaro sarà già morto.

Piangerà su questa morte, ma non fece nulla per evitarla.

Arriverà in ritardo.

Quanta fatica si sperimenta nella vita di fronte al ritardo di Dio!

Ci turba, ci infastidisce, ci fa arrabbiare come se fosse il ritardo di noi esseri umani, sempre generato da superficialità e disorganizzazione.

Il ritardo di Dio però non è  così.

Non c’è un ritardo nell’amore; è un ritardo sul modo con cui noi vorremmo si manifestasse quell’amore.

È che noi vorremmo essere amati a modo nostro; vorremmo la salvezza così come la concepiamo noi.

Ma Dio si smarca da questa nostra aspettativa e da questa idea che ci siamo fatta di lui.

Egli dilata i nostri tempi ed è per questo che noi soffriamo: il problema infatti è come reggere a quella che giudichiamo un tempo dilatato. Di cosa lo riempiamo?

Di rabbia? Di delusione? Di distrazioni?

Un po’ di tutto questo.

Spesso però lo riempiamo di paure.

Ed è proprio questo che Gesù vuole affrontare.

A lui sta più a cuore la fede di Marta e Maria che la resurrezione di Lazzaro.

A nulla servirebbe infatti un morto tornato in vita se non siamo disposti a rompere con gli schemi di morte e disperazione.

Don Umberto