La Via

La Via 13 dicembre

GIOIA NEL DARE (Lc 3,10-18)

C’è un invito pressante alla gioia nelle letture di questa domenica.
Una ripetizione, quasi ossessiva, tale da farci pensare che la gioia non la si possa certo avvertire così, a comando, o perché qualcuno ce lo dice.
La gioia, quella vera, ha radici profonde.
Non è certo l’euforia di un momento o la felicità temporanea di un episodio.
Stando ai testi profetici è la vicinanza di Dio a generare la gioia nel cuore dell’uomo.
Ma stando al testo evangelico di oggi c’è un altro elemento a farla nascere.
È Giovanni Battista a farsene portavoce, magari a sua insaputa.
Dopo i suoi insistenti appelli a preparare la venuta del Messia la gente che lo ascolta gli chiede “che cosa dobbiamo fare?”
“Chi ha due vesti ne dia una a chi non ce l’ha” è la sua risposta.
E anche “chi ha da mangiare ne dia a chi non ne ha”.
Nell’ingranaggio inceppato del mondo Giovanni introduce un verbo forte, DARE.
Il primo verbo di un futuro nuovo.

In tutto il Vangelo il verbo amare si traduce con il verbo dare;
perché questa è la legge della vita: per stare bene l’uomo deve dare.
Mi ha sempre incuriosito il fatto che la prima parola di Gesù che fu scritta è la frase “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”.
Non è scritta nei Vangeli, ma nelle lettere di S. Paolo.
Anteriori ai Vangeli appunto.
Per anni questa frase costituì l’identikit dell’uomo Gesù di Nazareth.
Il segreto della sua vita.
La sua prima, grande, eredità spirituale.
Noi oggi, dopo duemila anni, la raccogliamo volentieri quell’eredità, perché di gioia vera abbiamo bisogno.
La gioia finta infatti, la gioia di plastica, non ci convince più.
La piccola emozione o l’appagamento di corto respiro, lungo quanto un battito d’ali, non ci danno quel che cerchiamo.
Abbiamo bisogno che la gioia ci nasca dal cuore e ci allieti l’animo.
Per questo invochiamo la vicinanza di Dio e scegliamo una vita all’insegna del dono: per toccare con mano ciò che è essenziale e che nessuno ci potrà togliere.
E per ricominciare, a partire da noi, a tessere il tessuto buono del mondo.

Don Umberto e Don Stefano