Omelie

Omelia domenica 2 febbraio

Maria e Giuseppe portarono il Bambino al Tempio di Gerusalemme quaranta giorni dopo la sua nascita, per “offrirlo” a Dio. Questa cerimonia era prescritta per tutti i figli maschi primogeniti in ossequio al comando di Esodo (13, 2.11-16) e consiste ancor oggi per gl’israeliti nel riscatto del bambino tramite un’offerta. Simultaneamente la puerpera compiva l’offerta prescritta dal Levitico (12, 6-8). Durante la visita, incontrarono Simeone, cui era stato predetto che non sarebbe morto prima di vedere il Messia. Simeone lodò il Signore con le parole che ora sono note come Nunc dimittis, o Cantico di Simeone, nelle quali annuncia che il Bambino sarebbe stato luce per le nazioni e gloria di Israele. Subito dopo Simeone profetizzò la sofferenza di Maria. Il Vangelo riferisce anche le profezie messianiche della profetessa Anna, un’ottantaquattrenne vedova che si trovava nel Tempio e identificò anch’essa pubblicamente il bambino come messia. Nella pratica di presentare i bambini al Tempio è racchiuso anche un significato simbolico valido ancora per tutti i credenti in Cristo. Infatti, l’atto di consacrazione del neonato al Signore ricorda come Dio Padre abbia presentato il suo Unigenito/Primogenito come riscatto dei peccati di coloro che Gli appartengono. Tutto già scritto nel piano della salvezza divina. Quindi, presentare i bambini al Tempio trae le sue radici nel piano della salvezza dove Gesù il Cristo avrebbe riscattato il Suo popolo.

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