La Via

La Via 16 gennaio

IL DONO DELLA VITA
(Gv 2,1-11).

È da un po’ di tempo che mi sto dedicando alla lettura dei diari di Alexander Schmemann.
So che è un nome che ai più non dirà niente, ma in realtà si tratta di uno dei teologi più significativi della seconda metà del XX secolo.
Prete ortodosso visse in Estonia, Francia e soprattutto negli Stati Uniti.
Le sue riflessioni e i suoi scritti cominciarono a nutrire i miei pensieri circa vent’anni fa quando ebbi modo di conoscere la sua opera grazie a P. Rupnik.
Voglio riportare qui per intero una pagina di diario (13 marzo 1974) perché mi sembra un perfetto commento al brano delle nozze di Cana:

«Mi torna sempre lo stesso pensiero: coloro a cui è stato dato il dono della vita (e cioè la sua percezione “religiosa”), hanno molto meno bisogno della “religione”, che nasce invece quasi sempre da una mancanza, e non da una sovrabbondanza, dalla paura della vita e non dalla gratitudine per essa.
E questa religione cupa, senza vita disgusta.
Disgusta prima di tutto perché ha un atteggiamento di condanna e di malevolenza nei confronti della vita.
“State sempre lieti, in ogni cosa rendete grazie”: che eco hanno queste parole nel nostro cristianesimo estenuato dalla propria storia?»

Anche quale giorno a Cana c’era una mancanza.
Mancava l’amore, mancava la gioia
Sui volti di quante persone leggiamo queste stesse mancanze!
C’è la necessità che sempre più la fede cristiana sia antidoto a questa tristezza.
Il vino nuovo portato da Gesù è segno di una gioia autentica, di una vita che attinge a quella sorgente profonda di amore che è Gesù Cristo.

Don Umberto