La Via

La Via 16 giugno

pdf50OLTRE I FORMALISMI                    (Lc 7, 36-50).

 

L’episodio della donna peccatrice che unge i piedi di Gesù ci colpisce profondamente.

È uno tra i più noti del Vangelo e ogni volta che lo sentiamo non ci lascia mai indifferenti.

In fondo rappresenta lo scontro, sempre in atto, tra le logiche formali di prudenza, decoro, convenienza e quelle emotive e coinvolgenti legate ai sentimenti.

La donna in questione ci fa simpatia ma non so in quanti di noi avremmo apprezzato il suo gesto così inusuale e all’apparenza di cattivo gusto.

Fino a che punto infatti è lecito manifestare i propri sentimenti? Fin dove arriva il riserbo e l’intimità di ciò che proviamo?

Questa domanda ce la poniamo e, a volte, a forza di porcela ci perdiamo il meglio che la vita possa offrirci.

Nella grande sala in cui Gesù sedeva a cena tanti benpensanti furono certo sconvolti dall’episodio, ma il Signore no.

Ed è proprio questa sua capacità di accettare quel gesto a mettere in moto una serie di reazioni rivelatrici della verità di ciò che stava accadendo.

Colui che aveva invitato Gesù infatti non aveva avuto i giusti riguardi nei confronti dell’ospite: lo aveva accolto a casa sua solo per potersi vantare di averlo fatto.

Ma occorreva qualcosa, un fatto, un evento che svelasse ciò che lui si portava nel cuore e che non esprimeva mai a parole.

Tutto ciò che Simone pensa infatti non viene mai esternato: il suo è un silenzio pieno di giudizi taglienti, saturo di un senso di superiorità che non deve mai metterlo in una situazione imbarazzante.

Perché non reagisce? Perché non dice a Gesù quel che pensa di lui?

Perché non allontana energicamente quella donna?

Il mutismo a volte è un muro che impedisce di capire chi siamo.

Così Simone appare come un uomo chiuso in se stesso, scontento per quanto avviene intorno a lui e tuttavia incapace di mettersi in questione e di accusarsi.

Un po’ ci rappresenta, in tutte quelle volte in cui non comprendiamo le situazioni valutandole secondo criteri esteriori e senza sforzarci di penetrarle; in tutte le volte che facciamo prevalere la cautela come alibi per frenare gli sforzi nostri e altrui; in tutte le volte che, per il poco coraggio di amare ci precludiamo anche la gioia del perdono.

Preghiamo un’altra donna, S. Teresa Benedetta della Croce che ci ottenga il dono di un giusto atteggiamento senza rigidi formalismi e senza facili accondiscendenze.

           Don Umberto e don Stefano