Desiderare una Chiesa desiderare la Chiesa

pdf50VERBALE DELLA PRIMA ASSEMBLEA COMUNITARIA
DESIDERARE UNA CHIESA DESIDERARE LA “CHIESA”
Si partirà dall’incontro tenuto qui a Roveleto da p. Rupnik sabato 13 febbraio.
Prima di far vedere il video Don Umberto esordisce dicendo due cose:
che è stato mandato dal Vescovo Luciano Monari alla comunità di Roveleto per fare la Nuova Chiesa.
In un colloquio del settembre 2007, dopo avergli presentato brevemente la comunità di Roveleto, il Vescovo Monari lo ha invitato a venire qui, a farsi venire una buona idea per poi riferirla al Vescovo.
Così Don Umberto è venuto, ha cercato di guardare la situazione, ha pensato a quale poteva essere la buona idea ed ha chiamato p. Marko, che è stato interpellato sulla chiesa alla fine di dicembre del 2007. È’ stata poi comunicata questa cosa all’attuale Vescovo e da lì è iniziata una fase interlocutoria.
Don Umberto vive questa cosa come una missione che gli è stata data, non l’ha inventata lui, non è un progetto suo, si sente assolutamente libero , ma anche assolutamente responsabile perché gli è stata data dalla Chiesa .
Don Umberto quindi non fa passi indietro perché non è un progetto suo, ma al contempo non cercherà di forzarlo, perché sarebbero i passi passionali di uno che deve assolutamente realizzare un progetto suo. La dimostrazione di questa cosa è che p. Marko è stato interpellato la prima volta nel dicembre 2007, ed è stato a Roveleto
per fare un incontro nel 2010. Don Umberto ha lasciato andare le cose così come dovevano andare, senza forzarle, vedendo se i tasselli si incastravano l’uno con l’altro, quando ha visto che progressivamente si incastravano, con un atteggiamento
libero e spirituale, ha dato inizio a questo cammino.
Le cose fino ad ora sono andate in una certa direzione. Perché fino ad ora non sono ancora stati fatti lavori comunitari sul tema della nuova chiesa?
Don Umberto ha fatto questa esperienza: se uno lavora con una comunità per molto tempo, con un gruppo di persone, su un progetto, e questo progetto da parte di chi sta ai vertici non è stato né approvato, né conosciuto, né in qualche modo avvallato, il rischio è che poi chi sta ai vertici e deve decidere, decidendo in senso contrario tronchi il lavoro fatto da una comunità e generi una sensazione di frustrazione, inutilità, senso di
non essere ascoltati.
Quindi prima bisogna sbloccare chi sta in alto e poi lavorare con chi sta alla base, perché questo dà la garanzia che il lavoro che si fa con la base sia già incanalato per poter essere ascoltato.
Questo è stato fatto da Don Umberto in questi anni: ha parlato col Vescovo, ha tenuto sempre i contatti con p. Marko, piano piano è stato costruito un lento incontro tra di loro. Infatti si sono incontrati, perché p. Marko è arrivato in canonica un’ora e mezza prima dell’incontro insieme al Vescovo, si sono parlati, si sono intesi, si sono detti reciprocamente “ci impegniamo per la chiesa di Roveleto”, si sono stretti la mano, e detti l’un l’altro che questo progetto è un progetto sul quale vogliono dire sì.
Dopo la visione del filmato riguardante l’incontro con Padre Marko Rupnik, tenutosi il 13 Febbraio 2010 presso il Centro Parrocchiale, e specificamente del momento in cui spiega qual è la sua idea di Chiesa, i presenti hanno espresso le loro considerazioni, i dubbi e le perplessità.

SINTESI DEGLI INTERVENTI
1) Per quanto riguarda la decorazione, preferirei non fosse particolarmente privilegiato il mosaico, ma una forma più comprensibile da tutti perché, come detto da Padre Marko: “non bisogna fare un corso per entrare in Chiesa”.
2) Al di là di come sarà la Chiesa, spero che questo percorso ci faccia crescere come comunità, ci dia un altro spirito e ci aiuti a conoscerci meglio e a decidere insieme.
3) Sento molti che si domandano quale sia l’utilità di una nuova Chiesa dato che molto probabilmente, se un giorno dovesse andarsene Don Umberto, la Chiesa tornerà ad essere vuota. Secondo me siamo molto ignoranti dal punto di vista liturgico. Dietro le colonne del Santuario non si può seguire la Messa e ne sono convinta perché ne ho fatta esperienza.
A mio parere, se si fosse più preparati a livello liturgico si sarebbe più pronti a capire l’esigenza di una nuova Chiesa, che permetterebbe di vivere meglio le varie funzioni.
4) Dubbi ci sono, ma penso sia giusto impostare il discorso in questo modo: la Chiesa non può essere calata dall’alto, siamo troppo abituati ad assistere e basta. Dobbiamo imparare a metterci in gioco. Non possiamo essere sempre dei semplici spettatori, dobbiamo provare a lasciare un segno, non tanto dal punto di vista artistico, ma di unione comunitaria. Questa è la sfida! Ci sono tante risorse che vanno solo messe in moto.
A mio parere bisogna provare a fare un discorso su se stessi insieme agli altri.
5) Concordo con chi parlava di comunità. Fare la Chiesa per quelli che la voglio, ma soprattutto per quelli che non la vogliono, perché forse in questo modo riusciremo a realizzare qualcosa di bello.
La liturgia non si improvvisa, sarebbe bello trovare un gruppo liturgico perché è accogliente ed è più facile celebrare tutti insieme.
6) Io non ho mai sentito pareri negativi, anche perché sinceramente non ne ho parato molto del progetto con altri. Vi porto la mia emozione: quando rientro nella MIA Chiesa, dove ho ricevuto i sacramenti, sento un’aria diversa. Vengo da un Paese dove la Chiesa è stata costruita nel 1200 però, quando ci entro, mi sembra di sentire un eco di voci, le voci di quelli che hanno lavorato per costruirla. La Chiesa con la “c” maiuscola ti aiuta, ti coinvolge. Il Santuario non ci aiuta. Una vera Chiesa ti aiuta a percepire tutti, nessuno
è nascosto. Con le premesse che ci sono sarà un passo nella storia, un passo diocesano. Quando ho sentito Padre Marko che va a raccogliere le pietre da usare nel suo lavoro, mi è venuta voglia di rendermi utile, anche solo andando a cercare un piccolo sasso. Questa mi sembra un’occasione, un progetto che ci può coinvolgere per lungo tempo e che può farci bene.
7) Forse per la maggior parte della gente di Roveleto la sua Chiesa è il Santuario. Anch’io ho sentito tanti pareri negativi, ma secondo me è l’occasione giusta. Non vedo la gente entusiasta. Mi chiedo: quanti preti ci saranno tra trent’anni? E’ il caso di iniziare un altro progetto? La Chiesa probabilmente l’hanno chiesta i vertici, non la base. Dall’altra parte questa è un’occasione bellissima, unica, soprattutto per fare comunità.
Dal nulla si può partire per costruire sia la chiesa con la “c” minuscola che quella con la “c” maiuscola.
Questa occasione però bisogna affrontarla facendo emergere le nostre perplessità, ed è importante legare questa costruzione della Chiesa con la Carità, vista la crisi che oggi ci colpisce. Può essere anche l’occasione per dare una nuova importanza alle cose, per dare luce al buio che ci circonda e per ricostruire una comunità con alla base la Carità. E’ un’occasione!Dobbiamo trasmettere questa passione che abbiamo e farla nascere nelle altre persone. Mi domando anche: i soldi sono importanti? Sono l’ultima cosa?
8) Volevo ricordare che nel Vangelo sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”. Guardando in quest’ottica il problema economico passa in secondo piano.
Sul discorso dello spazio del luogo di culto è molto importante portare una ventata nuova. A me comunica molto di più il mosaico nella sua semplicità, piuttosto di un’opera antica che mi può trasmettere bellezza artistica ma non spiritualità. Preferisco qualcosa che comunichi, che inviti a pregare.
9) Anch’io ho sempre vissuto il Santuario da emigrante perché vengo da un altro paese, ma la sensazione che ho sempre avuto è che sia più che altro un luogo di culto, un luogo per pregare. Per me la Messa deve servire ad aggregarsi,invece noto sempre molte persone che cercano di nascondersi. Penso che la Chiesa debba essere un luogo aperto, dove si possa fare comunità e si possa interagire con tutti i nostri organi. Una
Chiesa, anche se vuota, dovrebbe far sentire la relazione, la presenza di Dio.
10) Io volevo riallacciarmi all’aspetto architettonico della Chiesa. Anch’io sono nato in un altro Paese e poi mi sono trasferito qui a Roveleto, ma quando entro nella mia Chiesa provo un’emozione diversa. Molte Chiese sono state costruite solo per un’esigenza scaturita dall’aumento della popolazione, sono state fatte in poco tempo, non sono state curate e risultano ora delle strutture orribili. Le mie perplessità scaturiscono dal fatto che mi domando se con le tecnologie moderne sia possibile costruire una Chiesa che renda la spiritualità.
11) Vorrei focalizzare l’attenzione su due aspetti: la necessità di una nuova Chiesa e una visione diversa del problema economico.
Per quanto riguarda il primo aspetto vorrei ricordare che il nostro Santuario è del 1800 e le persone che popolavano Roveleto in quel periodo era davvero poche, perciò già allora si pensava al futuro creando una struttura più grande del necessario.
Per quanto riguarda l’aspetto economico invece, vorrei ricordare che non si tratta di un progetto a breve termine, ma pluriennale. La crisi che ci colpisce ora si spera sia momentanea e presto arrivi la ripresa, perché se così non dovesse essere tra qualche anno i nostri problemi non riguarderanno sicuramente la costruzione
della Chiesa nuova. Proviamo a pensare come a un padre che deve costruire la casa per la propria famiglia.
Vista l’importanza di questo progetto dal punto di vista spirituale e artistico, a mio avviso non ci deve spaventare l’aspetto economico.
Prego Don Umberto di aprirci gli occhi sugli elementi spirituali fondamentali.
12) Penso che dovremmo fare un cammino interrogandoci sul nostro passato e sul nostro futuro. Dovremmo convincerci di cosa è la comunità fino ad ora, domandarci cosa siamo come comunità e a cosa aspiriamo, cosa vogliamo rappresentare. Roveleto è un paese molto giovane, ma è un Paese mariano, non nel senso che siamo particolarmente devoti alla Madonna, ma nel senso che si è sviluppato intorno al Santuario e grazie alla presenza di esso. L’unico retaggio storico che unisce il paese è la devozione mariana. Penso
siano necessarie due cose: una tradizione (sapere ciò che si è) e un aspirazione (sapere cosa vogliamo costruire).
13) Vorrei elencare alcuni “difetti” del Santuario:
– Il Fonte Battesimale è bellissimo, ma non è mai stato usato per la sua posizione inadatta;
– La cappellina è come se invitasse a nascondersi per pregare;
– Il coro dietro all’altare non partecipa alla Messa insieme a tutta la comunità, è isolato;
– I diversamente abili sono confinati vicino al confessionale e non possono seguire pienamente la Messa;
– Le persone sono ostacolate nel seguire la Messa da coloro che hanno davanti.
– Con la via Emilia così vicina, in certi orari soprattutto, è impossibile pregare tranquillamente a causa dei troppi rumori e del continuo movimento delle porte.
14) Sono convinta che con la Chiesa nuova il Santuario riuscirà ad assumere un significato diverso, quello per cui veramente è stato realizzato. Può diventare una nicchia, il luogo in cui raccogliersi per pregare la Beata Vergine.
Penso sia il Signore a volere una nuova Chiesa. Sono convinta che dopo aver dato spazio a Padre Marko e a quello che vuole comunicarci, ognuno di noi
darà una propria interpretazione e riuscirà a riempire se stesso con tanta fede.
15) Ricordo che durante un colloquio con un vecchio parroco era emerso il problema che a Roveleto non c’è aggregazione comunitaria. Il Santuario non aiuta, è in una posizione infelice, usciti dalla Messa non c’è il posto per scambiare due parole. Ricordo le celebrazioni al Centro Parrocchiale che ho apprezzate particolarmente, perché quando uscivo mi sentivo davvero emozionata. Dietro una colonna non si vive la Messa.
Ricordo anche con grande emozione la prima Messa di Don Umberto Ferdenzi, nel campo dove sorgerà la nuova Chiesa… forse è stata un messaggio.
La comunità si sta ampliando e serve spazio, ma ci vorrà una preparazione.
Chiedo solo una cosa: che la nuova Chiesa sia luminosa! 16) Qualche riflessione:
• “La Chiesa siamo noi”- ha detto Padre Rupnik- quindi dalle sue parole si deduce che non serva un edificio per creare la Chiesa.
• A Roveleto non esiste un “noi”, non esiste una comunità in qualità di cittadini, né tanto meno una comunità religiosa, cristiana. Esiste un gruppo, un piccolo gruppo di cui ho seri dubbi sulla sua lunga durata.
• La funzione della Chiesa è quella di farsi vicina alla gente, fedeli e non. Se la maggior parte dei cittadini di Roveleto non sente la necessità di avere una nuova Chiesa, il rischio che si corre è quello di allontanare ancora di più chi invece si sarebbe potuto avvicinare in altro modo.
• “Le Chiese di oggi sono garage, perché immagine dell’uomo moderno, per questo sono orribili.”
Queste sono le parole di Padre Rupnik. In realtà le Chiese di oggi sono orribili perché orribile è la Chiesa di oggi. Ciò che non funziona è la Chiesa come istituzione, perché ha smarrito lo Spirito Santo. La gente è solo il riflesso di una Chiesa malata.
17) Sono stato a Verona con Don Umberto e un gruppo di giovani e quella giornata mi è servita. Ora sono tranquillo sapendo che ci guiderà Padre Rupnik e, penso che nulla sarà lasciato al caso.
TEMATICHE EMERSE DA QUESTO INCONTRO:
• Necessità di un cammino comunitario profondo, partendo dalle nostre radici, interrogandoci su chi siamo, per poter costruire una comunità solida comprendendo a pieno il significato di questo termine.
• Necessità di un percorso liturgico che aiuti a far crescere in tutta la comunità il desiderio di condivisione e unione durante la celebrazione della Messa;
• una comunità solida comprendendo a pieno il significato di questo termine.
• Necessità di un percorso liturgico che aiuti a far crescere in tutta la comunità il desiderio di condivisione e unione durante la celebrazione della Messa;
• Necessità di un percorso ravvicinato con Padre Marko Rupnik, finalizzato a una maggior comprensione del suo modo di operare e soprattutto del significato delle sue rappresentazioni;
• Necessità di un coinvolgimento particolare di chi è contrario alla costruzione della nuova Chiesa, per far emergere le perplessità, per potersi confrontare e per spiegare dettagliatamente quali sono le esigenze e le motivazioni alla base di questo progetto;
• Necessità di una spiegazione più dettagliata degli aspetti tecnici riguardanti questo progetto.
• Necessità di un cammino che porti emozioni e trasmetta anche in futuro la passione da cui è stato guidato
QUALI TAPPE E QUALI CONTENUTI POTRANNO SEGNARE IL NOSTRO
CAMMINO?
1. Definire il volto, la storia, le aspirazioni della nostra comunità. La chiesa dovrà esprimere chi noi siamo e quale parrocchia vorremmo essere.
2. Conoscere il futuro del paese dal punto di vista demografico, urbanistico, economico
3. Conoscere le prospettive future circa la presenza del clero nel nostro territorio. Quali
progetti?
4. Curare la formazione liturgica/artistica.
Cosa significa e come va celebrata l’Eucaristia.

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