Info,  La Via

La Via 17 febbraio

pdf50DEBOLI MA LIBERI        (Lc 4, 1-13).

Ero intento a scrivere le mie riflessioni settimanali con le quali avrei voluto commentare le tentazioni di Gesù quando ho appreso della libera rinuncia del papa Benedetto XVI al suo incarico di Sommo Pontefice.

Ci ho pensato su un po’ e ho cambiato il contenuto di questo mio scritto. Per due ragioni: credo sia giusto che la comunità sappia, tra le tante opinioni, cosa pensa il proprio don sull’accaduto e ritengo inoltre che la Quaresima di quest’anno sarà evidentemente contrassegnata da una profonda preghiera per la Chiesa. Ed è giusto così: il cattolicesimo è comunitario e sociale prima che intimistico.

La scelta del Papa non mi ha sorpreso: parlavo di questa eventualità con amici più di un anno fa sostenendo che Benedetto XVI avrebbe fatto una scelta del genere se si fossero realizzate certe condizioni.

Personalmente ho avvertito un senso di libertà e di gratitudine e non condivido il clima di preoccupazione e ansia che mi pare di riscontrare quasi ci fosse solo una Chiesa alla deriva.

Tanto meno posso allinearmi con quelle interpretazioni della scelta del Papa che mi sembrano indulgere alla fantapolitica.

La mia sensazione di libertà deriva dall’aver accolto la testimonianza di un uomo che ha capito che è ora di farsi da parte e ha scelto, dopo accurato discernimento, di distanziarsi dalla secolare tradizione della Chiesa.

Con il suo gesto mi ha fatto ancora una volta comprendere che noi non siamo quel che facciamo, non ci identifichiamo con il nostro ruolo, e con il nostro compito.

Tutti siamo anzitutto discepoli del Signore e solo dopo si specifica in che modo lo siamo. Soprattutto del ministero Petrino si è servitori e non padroni. Così è di ogni ministero nella Chiesa: è un dono e non un’aspirazione, un progetto personale

La decisione del Papa ha confermato un punto saldo del cattolicesimo, a volte un po’ andato in oblio: la coscienza del singolo credente, quando in libertà si confronta con Dio e si esamina, è istanza di verità superiore ad ogni tradizione e autorità.

Joseph Ratzinger ora potrà tornare a fare ciò che sente più affine alle sue attitudini: pregare, riflettere, studiare, magari scrivere.

E io sono profondamente contento per lui: la prima vera vocazione, per ciascuno, è il nostro dono naturale, non il nostro servizio.

Egli ha fatto i conti con la sua umanità e in questo ha seguito l’esempio di Gesù al momento delle tentazioni: anche lì il Signore respinse il diavolo, restando fedele alla sua umanità bisognosa dell’aiuto del Padre, e non ai suoi eventuali poteri.

Un Gesù che rinuncia il potere è una bella icona per il futuro della Chiesa: un invito alla purificazione, alla semplificazione, all’immersione nella vita reale delle persone senza perdere tempo in questioni astruse, scandalose divisioni interne e preoccupazioni canoniche che non hanno più senso. Questo Papa avverte che ci sono in ballo sfide importanti e decisioni dalle quali dipende l’annuncio e l’accoglienza del cristianesimo.

Sono i temi che il Cardinal Martini ha sempre indicato: il laicato, la donna, il celibato sacerdotale, i sacramenti per i divorziati.

Benedetto XVI ha ritenuto di non poter essere lui a guidare la Chiesa in questo passaggio.

Ma si avrà il coraggio di farlo questo passaggio?

Si sceglierà di conservare o di essere profetici?

Proprio non lo so.

Mi chiedo anzi se esista un’altra alternativa, soprattutto in Europa, a questo rapido evaporare del cristianesimo.

E mi preparo ad una Quaresima più riflessiva del solito.

Don Umberto