La Via

La Via 13 maggio

CONVERTIRSI ALLA FESTA (Mc 16,15-20)

Quella di oggi è una festa, credetemi: oggi non prevale la tristezza per la sua scomparsa, ma la gioia della sua permanenza in un’altra dimensione.
La festa dell’Ascensione è la festa della presenza eterna di Cristo in mezzo a noi per sempre!
Per essere definitivamente presente Gesù aveva bisogno di non avere più limiti di tempo e di spazio.
Eterno, egli dimora in seno al Padre e in questa eternità ha un corpo di uomo.
Se Gesù è asceso al Padre, se dimora in Lui, è raggiungibile per sempre da ciascuno di noi qui e ora, può essere qui e adesso, comunque e dovunque perché non ha più il tempo che lo limita, lo spazio che lo inghiotte.
Oggi celebriamo la festa della moltiplicazione e dell’estensione dell’amore di Cristo.
Ognuno di noi può dire, nella fede, a ragione: io ho incontrato Cristo.
Lo stesso Cristo che ha camminato con i piedi impolverati duemila anni fa, lo stesso Cristo riconosciuto presente nella comunità primitiva.
L’ Ascensione è come una cerniera nella storia di Gesù e degli apostoli: segna il passaggio da un prima a un dopo cui gli apostoli dovranno abituarsi, proprio come i discepoli di Emmaus che abbiamo seguito in questi giorni di Pasqua: Gesù scompare alla loro vista sensibile, torna al Padre pur promettendo una presenza reale.
Gli apostoli, è comprensibile, faticheranno ad abituarsi a questa nuova situazione.
Gli apostoli sono invitati, dopo aver seguito Gesù nella crocifissione e nella risurrezione, a seguirlo anche nella ascensione.
L’ Ascensione segna l’inizio della Chiesa, la nascita della comunità come luogo dove dimora il Risorto.
Ve ne do atto: è molto più evidente notare l’assenza del Maestro nei nostri gesti piuttosto che la sua presenza, ma mi fido. Mi fido: vedendo la tenerezza e l’amore di una catechista, la generosità di un educatore, la presenza discreta accanto al letto di un ammalato, io vedo Gesù risorto asceso, e ne invoco il ritorno, ne accelero – secondo una bellissima interpretazione rabbinica – la venuta.
Dio è presente, per sempre, è il nostro sguardo a dover guarire, a doversi – finalmente – convertire alla gioia.
Perciò, ora, necessitiamo del dono dello Spirito: per vedere.

Don Paolo Curtaz