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Esodo

“ L’ALLEANZA”  ( Es 19-24)download50pdf50

Siamo giunti ormai al punto finale della lunga marcia: al Sinai, dove in modo definitivo si compie l’alleanza. Per questo evento Dio chiamò Israele con un’elezione particolare e lo liberò dall’Egitto; qui si compie il segno con cui Mosè era stato mandato: “Quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto servirete Dio su questo monte” (Es 3.12), e si realizza la promessa: “lo vi riprenderò come mio popolo e diventerò il vostro Dio!” (Es 6.7). In questa parte del libro noi possiamo distinguere cinque sezioni:
L’alleanza (Es 19 e 20.18-19)
Il decalogo (Es 20.1-17)
Il codice dell’alleanza (Es 20.22-23.19)
La promessa di aiuto (Es 23.20-33)
La celebrazione dell’alleanza (Es 24).
L’alleanza (Es 19.1-25)
L’alleanza promessa (Es 19.1-8)
Israele arriva finalmente davanti al monte Sinai e si accampa. Inizia allora il racconto della promessa dell’alleanza, della sua preparazione e della teofania, la manifestazione di Dio. Letterariamente è difficile distinguere le tradizioni del c. 19: si riconosce l’intervento del redattore deuteronomista (vv. 4-9) e del sacerdotale, ma le fonti di questo testo sono certamente più antiche e risalgono alla tradizione jahvista e forse anche elohista. Mosè è chiamato da Dio sul monte, luogo della residenza di IHWH, riceve la promessa dell’alleanza e ne diventa il mediatore. Queste parole di Dio (vv. 4-6) sono di particolare importanza teologica:
“Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho
sollevato voi su ali di aquila e vi ho fatto venire fino a me.
Ora, se vorrete ascoltare la mia voce e se custodirete la mia
alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli perché
mia è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e
una nazione santa”.
Innanzitutto Dio ricorda gli eventi dell’Egitto affinché il popolo non dimentichi! Sui fatti avvenuti nella storia concreta e non su idee, né su filosofie, né su ideologie deve poggiare la fede di Israele. E’ nella storia che Dio si è rivelato e gli israeliti “hanno visto” diventando testimoni di questi eventi di salvezza.
Questo il kerigma veterotestamentario embrionale: l’uscita dall’Egitto è opera di IHWH. Egli ha guidato fino alla sua presenza un popolo che era schiavo e lo ha condotto su ali di aquila. Rashi così commenta l’ immagine dell’ aquila:
“L’aquila porta i suoi nati sulle ali mentre gli altri volatili
li portano sotto le zampe: perché l’aquila teme di essere colpita
dalla freccia dell’uomo e pensa sia meglio che la freccia colpisca
lei piuttosto che i suoi figli. Così ha fatto Dio che prima precedeva
il popolo, ma poi si sposta dietro a lui ricevendo i colpi
degli egiziani invece di Israele”.
Ecco l’amore di Dio per Israele: Dio preferisce essere colpito lui stesso piuttosto
che venga colpito il suo popolo. E nell’ esodo che Gesù compie passando dal mondo al
Padre, colpito al nostro posto, questo amore troverà la sua epifania piena: “Dio
dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori Cristo è
morto per noi” (Rm 5.8). “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha
risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa
insieme a lui?” (Rm 8.30-31), “poiché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori
per mezzo dello Spirito santo che ci è stato dato” (Rm 5.5).
Al v. 5 Dio chiede di ascoltare la sua voce, la Parola che ha creato gli eventi e
ora proclama l’alleanza. Israele sarà sempre il popolo dello Shemac, il popolo
dell’ascolto sempre sottomesso al comando: Shemac Israel (Ascolta Israele! Cf. Dt 6.4) e in
piena obbedienza a questa voce esso dovrà vivere per sempre. Dio chiede di custodire
e di vegliare sulla sua alleanza cioè su questo patto che lui fa con il suo popolo.
L’alleanza è assunzione di responsabilità comuni tra Dio e Israele ed è necessario vi
sia compartecipazione e condivisione. Essa è stretta con tutto il popolo e per questo
Mosè deve radunarlo in una grande convocazione. Nella Bibbia non vi sono mai
alleanze individuali, ma all’interno dell’ alleanza delle vocazioni, delle chiamate
particolari.
Se ora Israele manterrà viva l’alleanza nella dinamica di una storia che ha da farsi e
veglierà affinché non venga mai rotta, allora sarà per Dio segullah cioè tesoro
prezioso, popolo proprio, bene prezioso, proprietà personale, tra tutti i popoli. Questo
non sarà per Israele un privilegio né una garanzia perché Dio aggiunge subito “mia è
tutta la terra” (Es 19.5). L’elezione e la stipulazione dell’alleanza non creano privilegi,
ma responsabilità e coinvolgimenti nella azione di Dio; Dio ha come proprietà tutti i
popoli, tutta la terra e’Israele è in mezzo ad essi semplicemente il suo tesoro nel
mantenere presente nella storia e realizzare la volontà rivelata nell’alleanza.
Questa formula (Es 19.5) è una chiara proclamazione dell’ universalità di Dio
ed una definizione anche di cos’ è l’elezione: essa non può e non deve essere
compresa come particolarismo esclusivo, garantito, privilegiato. Nella promessa di
Dio, Israele non è scelto per essere solo un tesoro prezioso, ma anche un “regno di
sacerdoti” cioè un popolo di cui Dio è il Re, il sovrano, il Signore, perché nessun altro
padrone umano regna su di lui. L’espressione regno di sacerdoti tradotto dai LXX con
sacerdozio regale (basileion ierateuma) non è di facile interpretazione. Significa innanzitutto
che Israele è chiamato ad essere completamente consacrato al servizio di Dio, così
come i sacerdoti sono gli addetti al servizio sacro, ma ol- tre questa spiegazione le
interpretazioni divergono. Nella parola “sacerdote” possono essere visti vari significati
che non vanno intesi in contrapposizione, ma sono complementari, illuminano e
arricchiscono il termine.
l) I rabbini vi videro un servizio regale. Come i Giudici e i Re erano chiamati a
governare e a regnare sulle cose e servivano così Dio, anche tutto il popolo è
sacerdote e serve Dio quando esercita la sua funzione regale sui beni del mondo, non
si riconosce servo di alcuno ed è a completa disposizione del suo Dio. La critica
moderna non accetta questa interpretazione, ma sottolinea altri aspetti.
2) I sacerdoti hanno il compito di insegnare la Torah e farla conoscere. Israele è allora sacerdote perché custodisce e medita la Legge e porta il suo messaggio a tutto il mondo.
3) I sacerdoti sono coloro che celebrano il culto e Israele è dunque questa voce di lode e di preghiera che si innalza dal mondo.
4) I sacerdoti hanno una funzione di mediazione tra Dio e il popolo. Israele, con l’alleanza, diviene il mediatore tra Dio e tutti i popoli, il sacerdote che offre il suo culto a Dio per il mondo intero.
Con la nuova alleanza uno solo è il sacerdote e il mediatore: Gesù che “avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre si è assiso alla destra di Dio ( … ) poiché con un’ unica oblazione egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati” (Eb 10.12,14). I cristiani non hanno più bisogno di un sacerdozio speciale ma, unendosi a Cristo, possono diventare ,”pietre vive” per un sacerdozio nuovo: “Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua ammirabile luce” (lPt 2.9; certamente è da scartare l’opinione di quanti, per salvaguardare il sacerdozio gerarchico, pensano all’espressione come significante: “popolo governato dai sacerdoti”). Infine in questa promessa di Dio ricorre ancora l’espressione “nazione santa” che indica come Israele è chiamato ad essere santo, consacrato a Dio, separato tra tutti i popoli. Tutti i popoli della terra sono patrimonio di Dio, ma Israele sarà il suo tesoro se a lui sarà più ubbidiente. Israele sarà un popolo di cui Dio è Re e i cui membri sono ministri esecutori dei suoi ordini (cf. Is 61.6), sarà un intermediario tra Dio e l’umanità perché a lui appartiene il compito di consultare Dio e insegnarne la Torah. Sarà infine nazione santa, distinta dalle altre nazioni, se sarà consacrata al servizio di Dio solo e mai si piegherà al servizio dei padroni terreni e degli idoli falsi. Questa promessa di Dio non è missione di potenza e di dominio sul mondo, ma missione di insegnamento, di prassi giusta, di rivelazione delle cose di Dio. Se Israele si distinguerà dagli altri popoli non sarà per potenza e trionfo, ma perché si è fatto carico di più gravi doveri morali ed etici e perché resta attaccato al suo unico Signore. Agli altri basterà per la salvezza il rispetto dei “sehevac mizvoth bene Noach, i sette precetti dei figli di Noé, ma ad Israele sarà necessaria per la salvezza l’osservanza di tutta la Legge. Secondo la tradizione ebraica, furono rivelate a Noé delle norme di valore universale in numero di sette secondo le quali sono vietati:
1) l’idolatria
2) la bestemmia
3) l’omicidio
4) l’incesto o l’adulterio
5)la rapina
6)il cibarsi di membra strappate all’animale vivo;
è imposta:
7) la costituzione di tribunali.
La preparazione dell’alleanza (Es 19.9-15)
Per la stipulazione dell’alleanza il popolo deve prepararsi con riti speciali e severi per tre giorni: tutti devono lavarsi (riti di purificazione), devono astenersi dall’esercizio sessuale, cioè devono vivere un tempo di tre giorni diverso dagli altri, separato, un tempo di attesa totale di quanto avverrà tra Dio e tutto il popolo.
Nessuno deve invadere lo spazio sacro affinché sia chiara la santità di Dio e la sua trascendenza. C’è un’alleanza, ma essa non rappresenta l’eliminazione della separazione tra Dio e l’uomo. Nessuno sforzo può essere fatto per andare a Dio salendo la montagna, ma è Dio che viene in mezzo al suo popolo, che viene per incontrarlo e che in questo primato di iniziativa assoluta mantiene il suo carattere di Santo.
La teofania (Es 19.16-25)
La manifestazione di Dio avviene in modo grandioso ed è descritta sotto forma di temporale e di tempesta, di terremoto e di violenta partecipazione dei fenomeni naturali.
Tutto questo è scritto non come visione, ma come messaggio teologico per mostrare Dio quale padrone della creazione, Signore degli elementi naturali. Nube, fuoco, fumo, sono termini che servono ad indicare la presenza gloriosa di Dio, e il tuono indica la forza della sua voce potente. Il Deuteronomio descriverà la stessa manifestazione in termini differenti: “E la montagna era incendio di fuoco fino al cuore dei cieli, vi erano tenebre, nubi e oscurità. E IHWH parlò di mezzo al fuoco, il suono delle sue parole voi lo sentivate, ma nessuna immagine avete visto: vi era nient’altro che il tuono” (Dt 4.11-12).
E’ inutile ricercare qualcosa di figurativo o di reale. il linguaggio è teologico: Dio non si può vedere ma di lui si può solo sentire nel cuore la voce forte come quella del tuono, voce che non è fatta da linguaggi e suoni. La descrizione che qui compare è la stessa di altri testi biblici:
“La voce (tuono) del Signore è forte, la voce del Signore scaglia lampi, la sua voce spaventa il deserto. Il Signore domina la tempesta” (cf. Sal 29); “La terra tremò e si scosse, vacillano le fondamenta dei monti ( … ) Il Signore tuonò dal cielo, l’Altissimo fece udire la sua voce” (Sal 18.8,14); “Si agitano le nazioni, vacillano i potenti, al grido del Signore si scuote la terra” (Sal 46.7); “Il suo splendore è come la luce, bagliori di folgore escono dalle sue mani ( … ) si arresta e scuote la terra, guarda e fa tremare le genti, le montagne eterne si infrangono” (Ab 3.4,6). Ma resta il mistero: “Voi non avete visto nessuna immagine nel giorno in cui Dio vi ha parlato in mezzo al fuoco sull’ Horeb” (Dt 4.15) .
E’ il linguaggio che cerca di descrivere l’indicibile e annunciare .l’ineffabile e le stesse immagini ritornano nelle profezie sulla fine dei tempi (Sof 1.15; Gl 2.2; Ez 32.7; Is 13.9) e per parlare del ritorno del Signore (Mt 24.30-31: “Vedranno il Figlio dell’uomo venire sopra le nubi del cielo con potenza e gloria. Egli manderà i suoi angeli con una grande tromba e raduneranno tutti i suoi eletti”; cf. 1 Ts 4.16 e 1Cor 15.52). “Non si può vedere Dio senza morire” recita l’A.T. e il N.T. gli fa eco con Paolo che ricorda che noi “camminiamo nella fede e non ancora nella visione” (2Cor 5.7).
Ma mi sembra importante sottolineare il fatto che qui il Dio dell’esodo, come già nella Torah delle piaghe, si manifesti come Dio della creazione, Signore della natura, e anche questa annotazione farà parte del kerigma veterotestamentario.
I midrashim su questa sezione dell’ Esodo riguardante l’alleanza e il dono della legge sono numerosi e densi di teologia. Essi dicono che in questo terzo giorno del mese di Sivan Dio scese sul Sinai mentre gli israeliti dormivano ancora: Mosè allora gridò: “Svegliati, comunità di Israele, il tuo sposo attende la sua sposa sul monte, il talamo nuziale!”
E così Israele si mosse verso le nozze, l’alleanza con il Signore. Da quel giorno ogni israelita danzerà in questo giorno con i rotoli della Torah come un giovane balla con una ragazza. Le nozze tra Dio e Israele sono celebrate in quel giorno per sempre! I rabbini, facendo poi riferimento al Sal 68.17, raccontano anche i monti Carmelo, Libano e Hermon chiesero di essere la montagna su cui Dio celebrava l’alleanza, ma Dio scelse il Sinai dicendogli: “Su di te poserò il mio splendore e su di te darò la mia Torah perché tu sei montagna unica in un deserto, come Israele è popolo unico nel mondo, come io sono Dio, l’unico nell’universo”.

Da “ESODO commento esegetico – spirituale” di ENZO BIANCHI