La Via

La Via 11 marzo

NICODEMO                 (Gv 3,14-21)

 

Anche un uomo di profonda cultura ed intelligenza a volte può non capire le cose.

Anche a uomini così può succedere di essere chiamati al cambiamento di prospettiva e non riuscire a compierlo.

Nicodemo era uno di quelli.

Maestro in Israele, così lo descrive il testo evangelico.

Chi, come lui, accresce la sua cultura sa che la realtà è complessa, che il mondo non funziona in bianco e nero, che le situazioni semplici e immediate dei problemi spesso sono solo una illusione.

Nicodemo aveva il coraggio e la volontà di porsi delle domande. Aveva il gusto della ricerca della verità.

Era un uomo intellettualmente onesto, per nulla ottuso o riluttante di fronte alle novità.

Ma in fondo in fondo ne aveva anche paura.

Da Gesù ci andava di notte per non compromettersi.

Ne era attratto, capiva che in quel rabbì di Nazareth c’era una luce di verità che non aveva trovato altrove.

Ma c’era pure la resistenza interiore di chi non vuol sporcare la sua reputazione.

Tutti siamo vittime di questo tarlo del “cosa dicono gli altri di me”. Pure i dotti e sapienti come Nicodemo.

Forse per questo Gesù gli avrà chiesto di “rinascere dall’alto”. Parole dure a capirsi.

Più chiare se accostate, come fa Gesù, all’immagine del serpente di bronzo innalzato da Mosè nel deserto.

Il serpente, che dà la morte, divenne il simbolo della sopravvivenza. Chi lo guardava, dopo essere stato morso, restava in vita.

Rinascere dall’alto quindi significa un modo di guardare le cose con occhi diversi. Una capacità di vedere il bene in ciò che appare solo come male.

Una forza interiore di accogliere ciò che ci danneggia come via per una salvezza più vera e duratura.

Sarà ciò che capiterà a Gesù.

Egli trasformerà la croce, supplizio di condanna, in strumento di redenzione.

E Nicodemo? Lo ritroveremo. Proprio sotto quella croce.

Finalmente allo scoperto. Finalmente rinato anche lui.

Perché non dovremmo rinascere pure noi?

 

Don Umberto