La Via

La Via 18 febbraio

LA CONCRETEZZA DELLO SPIRITO (Mc 1,12-15).

C’è qualcosa di molto concreto nella spiritualità del tempo Quaresimale.
Essa si fonda anzitutto sul digiuno e l’elemosina.
A molti queste pratiche non sembreranno affatto spirituali:
paiono invece solo gesti esteriori, pratiche corporali.
Le cose spirituali sarebbero altre.
Salvo poi non riuscire bene ad identificarle.
Cosa sarebbe “la spiritualità”?
Solo quello che c’entra con i nostri pensieri?
Solo la meditazione?
Personalmente ritengo una simile visione della vita spirituale troppo astratta; molto privatistica e, sotto sotto, anche un po’ comoda.
Che le cose non stiano così è facile comprenderlo se pensiamo a ciò che costituisce il contrario del digiuno e dell’elemosina. L’ eccesso di cibo o di bevande, così come l’attaccamento al denaro non indicano forse una malattia dello Spirito?
Non c’è forse qualcosa che non funziona “dentro” l’uomo quando non sa gestire con equilibrio la propria alimentazione o quando vive con ossessione il suo rapporto con i soldi?
Assolutamente sì.
In genere queste cose sono indice di una assenza.
Ci manca qualcosa (e a volte non sappiamo nemmeno bene cosa) e cerchiamo di riempirlo con cose appaganti.
Il tutto in un sentimento illusorio di poter trovare improvviso sollievo da quel senso di vuoto.
E’ per questo che anche il digiuno e l’elemosina c’entrano con la vita dello spirito, con quel che abbiamo nel cuore.
Non sono solo pratiche esteriori.
Ed è per questo che la Quaresima inizia sempre nel deserto. In un luogo metaforico che richiami quel vuoto chiedendo al credente di non fuggirlo ma di rimanervi.
Rinunciando a ciò che solo apparentemente lo può riempire, per andare oltre e capire che solo il Signore riempie quel vuoto.
Solo quando la bocca è vuota è possibile vedere quello che c’è nel cuore.
Fu la stessa esperienza di Gesù durante le tentazioni.
L’evangelista Marco le riporta in modo molto scarno, laconico ed essenziale. Ma quanto scritto è sufficiente a farci implorare dal Signore la forza per poter affrontare anche noi le nostre.
Don Umberto